IL BOIARDO CHE CONFONDE IL DUCE CON SHAKESPEARE

Dico la verità, tra i tanti che sparano cannonate e poi ritrattano, Claudio Anastasio è il migliore. Puro, ingenuo, umile anche, pur senza nascondere le ambizioni di rito.

Lui è, era ormai, il presidente della società 3-I, società pubblica per lo sviluppo di software e sbandieratissima sul sito del Ministero dedicato alla Pubblica Amministrazione. Proiettato a stantuffo nell’empireo dei manager di Stato dalla premier in persona, si è ritrovato a gestire innanzitutto i software di Istat, Inail, Inps, profili non proprio di secondo piano e lui sarà stato bravissimo, ineccepibile, inappuntabile, che ne sappiamo noi.

Il presidente si è dimesso a causa di un “errore pubblico in email privata”, come lo chiama lui, e vorrei vedere dico io, pur riconoscendogli la risolutezza: “Giuste e doverose le mie immediate e irrevocabili dimissioni nel solo interesse di gestione della cosa pubblica e del governo pro-tempore”.

“Era una provocazione per stimolare l’attenzione del Cda di fronte a una gara da un miliardo di euro”, dice, ma un conto è la provocazione, un conto è credere che tutti, ma proprio tutti siano tonti.

Insomma, buona parte della mail interna copia pari pari il discorso del Duce per giustificare l’assassinio del deputato Matteotti. Quando si dice il tempismo, il senso della storia, dell’opportunità: quella fa il possibile per smarcarsi dalle storiche insinuazioni filofasciste e lui che fa? Ricopia il Duce pari pari e tanto chi se ne accorge.

Il seguito è un capolavoro di tenerezza, mea culpa ma in fondo con orgoglio e il petto in fuori: avrebbe potuto dire di essere stato hackerato, dice, e pensa in che mani erano i software della nostra amministrazione pubblica. A lui non viene in mente che si può scoprire con discreta, proprio discreta, facilità se di hacker vero si tratta oppure no, ma questo è niente ed è per questo motivo che lui è il migliore, il numero uno.

In un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera”, sostiene che in fondo avrebbe potuto “citare delle parole analoghe, che avrebbero avuto lo stesso effetto, dal discorso di insediamento di Obama” e che “un marziano, a leggere quelle parole senza sapere il contesto, poteva pensare che fossero di Shakespeare”. E invece sono di Mussolini, guarda un po’, pensa che inguaribile ingenuo, chi ormai va a pensare al contesto?

Poi parte il cilicio, il pentimento, tutto il repertorio che ben conosciamo, ma veramente non se ne può più. Il fatto è che la pulsione, forse la polluzione, è troppo forte, lo sai che stai facendo una cretinata, persino se ci credi davvero è una cretinata controproducente, lo sai. Eppure non resisti, un po’ per l’eccitazione trasgressiva, un po’ perché ci credi, un po’ perché immagini, in realtà speri, che a nessuno suonino familiari quelle parole e in fondo pur sempre di mail privata si tratta.

Proprio così, mail privata ma con errore pubblico, laddove pubbliche dovrebbero essere almeno le scuse a Shakespeare.

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