IL BOIA STRESSATO

Ma allora è tutto più chiaro: poverino, ha ucciso per stress. Alessandro Impagnatiello, il barman tanto wow, narciso e sciupafemmine, ha assalito a coltellate la compagna Giulia, l’ha uccisa con il piccolo di sette mesi in grembo, quindi s’è liberato dell’una e dell’altro scaricandoli come rifiuti nello squallore dietro a un box di periferia, infine ha cercato di farsi subito consolare – finalmente libero dalle seccature – dall’altra compagna, anch’essa incinta, tutto questo per puro e semplice stress.

Dannato stress. E’ il male del secolo – certo, lo si dice anche della depressione, della celiachia, del Covid: il secolo è molto malato -, con lo stress i medici spiegano ormai l’ottanta per cento delle sindromi che non sanno più diagnosticare, con lo stress noi stessi giustifichiamo le nostre stanchezze, le nostre debolezze, le nostre fragilità. Dal mal di testa al male di vivere, c’è sempre di mezzo questo dannato e fetentissimo stress.

Povero Impagnatiello: evidentemente il dosaggio di stress accumulato in una vita divisa, metà con l’una e metà con l’altra, non era umanamente sopportabile. Lui piacione e brillante, al bancone del locale come un ammiraglio alla tolda di comando, o come Fiorello animatore nei villaggi Valtur, lui che sapeva come stendere le donne, lui che evidentemente questa bella vita la mordeva, così forsennata e così eccitante: come non capire che ritrovarsi una sera la compagna (col pancione) fuori di sè, dopo aver scoperto quante menzogne lui le aveva somministrato con chirurgica furbizia, come non capire che a un certo punto l’autocontrollo va a farsi benedire e inevitabilmente saltano i freni inibitori, prendere il coltello è la prima cosa naturale e inevitabile, scannare la seconda, e poi recitare come se niente fosse la terza.

Va bene, quella era la donna della tua vita (una delle), in pancia aveva tuo figlio, banalmente sognava di costruire un domani con te, va bene tutto, ma quando uno è stressato non risulta poi così facile valutare tutto con calma, lo stress fa saltare i nervi, al giorno d’oggi. Anche di Putin, qualche volta, hanno detto che ultimamente si presentava molto stressato.

Povera Giulia, vittima sacrificale dello stress e di questo mondo stressato. Il suo amato invoca questa spiegazione e magari anche questa attenuante, sicuramente saranno reclutati al più presto i più eminenti psicologi per dire quanto lo stress possa spingere alle più estreme conseguenze. E di fronte all’ondata emotiva dei giustizialisti e dei forcaioli, che per questo delitto proprio non riescono a trovare un briciolo di comprensione, subito si alzeranno le voci delle associazioni umanitarie e solidali, del filone “Nessuno tocchi Caino”, per dire che persino Impagnatiello, persino questo vitellone che la sua stessa madre non esita a definire una belva, persino per lui serve pietà, rispetto, misericordia.

Nessuno tocchi Caino, nessuno tocchi Impagnatiello. Ma non c’è bisogno di toccarlo. Ha già toccato abbastanza lui, con il coltello, con le mani sporche di sangue, con la sua recita indegna mentre compagna e bambino giacevano tra i rifiuti. Nessuno lo tocchi, perchè la legge e la giustizia, il mondo in generale devono sforzarsi d’essere migliori di Caino. Certo. Però io lo confesso: quando si dice volgarmente che per certa gente bisognerebbe solo buttare via la chiave, penso a un delitto come questo. Ad assassini disumani come Impagnatiello. E in fondo contro di loro avverto una rabbia supplementare: perchè la pulsione che mi spinge a vederlo impietosamente castigato e a buttare via la chiave, senza misericordia e senza compassione, mi fa sentire peggiore di quello che sono. Provo quasi un senso di colpa mia perchè vorrei tanto che pagasse fino in fondo la colpa sua. Dopo tutto, anche di questo gli Impagnatiello dovrebbero rispondere. Ci fanno sentire vagamente crudeli e disumani. Loro, i signori del male assoluto, sanno fare del male anche così.

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