Davanti all’insostenibilità di fatti simili, sempre più ricorrenti, sempre più crudeli, bisogna porsi ormai una sola domanda: cos’altro deve ancora succedere per convincerci che questo “divieto di avvicinamento” imposto al coniuge pericoloso è misura inutile, ridicola, a suo modo complice? Affrontare una portaerei con il cotton fioc, questo è, né più né meno.
Raccontano i vicini di Vetralla che i carabinieri ogni tanto passavano sotto la casa della mamma e del suo bambino. Sai che roba. Chiunque di noi sa che un marito, un fidanzato, un amante respinto è capace di coltivare l’assedio a distanza con diabolica meticolosità, precipitando giorno per giorno, ora per ora, il suo obiettivo nel terrore cupo. Figuriamoci se la misura per tenerlo alla larga è una carta bollata con su scritto, più o meno, non fare il birichino, gira alla larga dalla famiglia, prendi la bindella e misura un chilometro, dieci chilometri, e non mettere un piede dentro l’area protetta.
Come si vede a cicli ormai sempre più ricorrenti, il cervello malato di chi cova l’ossessione vendicativa è molto più efficiente e scaltro di questa pietosa imposizione burocratica. Chi progetta la sua vendetta sa aspettare il momento buono, perchè fretta non ne ha. Prima o poi, l’occasione per l’agguato si presenta. E a quel punto non c’è divieto che possa fungere da deterrente, tanto meno da minaccia: chi vuole risolvere a modo suo la rovina di una vita non bada più a spese, sa di giocarsi tutto, poco gli importa. Gli importa solo di negare all’altra la possibilità di un futuro: nessuno deve avere più futuro, in queste storie così disperate.
E allora: prendiamo atto, una buona volta, che questa è una vera emergenza nazionale. Più del bonus facciate e dell’incentivo ai monopattini. Qui c’è di mezzo la vita di tanti esseri umani precipitati nel terrore quotidiano, quando poi non è un precipizio definitivo nel sangue. Per favore qualcuno si prenda la briga di buttare al macero questo idiota “divieto di avvicinamento”, che non serve a niente, che non spaventa nessuno e non protegge nessuno.
Basta un minimo sindacale di sensibilità e di immaginazione per comprendere il terrore che accompagna ogni singolo minuto di certe donne e dei loro figli, non c’è come sapere che ogni volta può esserci sottocasa l’incubo di un ex con tutte le intenzioni di regolare i conti a modo suo, di risolvere definitivamente l’affronto di un rifiuto insostenibile.
Ci vuole altro, ben altro, che il buffetto della giustizia: stai lontano, non ti avvicinare, gira alla larga. Come se a certi animi prepotenti e svalvolati potesse fare il solletico. E’ evidente: serve altro, serve di più. C’è di mezzo il rispetto per le libertà individuali del soggetto pericoloso, mica lo si può sbattere in galera a titolo preventivo. Ma c’è di mezzo, prima ancora, il diritto a vivere decentemente per chi ha la sola colpa di aver detto basta. Le idee ogni tanto circolano, a cominciare dalla misura elementare dei braccialetti, però controllati davvero, con una pattuglia che parte sgommando non appena il congegno segnala uno sconfinamento. Da tanto tempo conosciamo i programmi di protezione, istituiti per tutelare supertestimoni e pentiti, loro e famiglie: c’è da chiedersi perchè questi programmi di protezione, con tanto di trasferimento in luoghi lontani dei soggetti in pericolo, non si possano estendere a queste povere creature in balìa dei loro spietati persecutori.
Gli esperti del ramo possono inventarsene mille altre. Ma serve la volontà e l’attenzione di chi stabilisce le regole, quelli che sembrano tanto umani e solerti quando si parla del fatturato di una partita Iva o della ripartenza degli skilift.
Quel bambino di 10 anni sgozzato dal padre, ultimo della lunga lista, grida il suo atto d’accusa a una società che si spaccia per civile. Come rispondiamo, ancora una volta: con il simpatico “divieto di avvicinamento”? Se anche stavolta è così, se nessuno avverte quel grido e subito dopo il dovere di muoversi, quanto meno risparmiamoci tante chiacchiere di sdegno e di compassione. Meglio il silenzio e la vergogna, decisamente meno ipocriti.