2 giugno 1946: nella scuola che ha abolito il nozionismo e purtroppo anche le nozioni, questa data dovrebbe restare l’ultima, almeno questa, richiesta a tutti gli studenti di tutte le scuole di ogni ordine e grado, a partire dalla prima elementare.
Quel giorno, l’Italia fece il passo più importante e più bello della sua storia unitaria: per volere del popolo, tramite referendum, buttò a mare la monarchia, i re e le regine, la divisione tra reali e sudditi, per imbarcarsi nell’avventura fantastica delle repubblica e della vera democrazia. L’impareggiabile avventura della libertà.
Da quella volta, molto nobilmente, senza fini di parte, in Italia uno valeva uno. Ogni donna, ogni uomo, tutti vedevano riconosciuta la pari dignità. Ed è inutile adesso ripartire subito con la cinica tiritera sullo sviluppo di quel mirabile progetto, sui fallimenti di quei sogni e di quei voti. Tutte le perversioni e le nefandezze che abbiamo accumulato non sono colpa della repubblica: la repubblica è la prima vittima. L’idea di repubblica, a tanti anni di distanza, non ha neanche una ruga e neanche una crepa: resta intatta e affascinante come il primo giorno, come il 2 giugno 1946.
Se mai, noi dovremmo evitare adesso di star qui a rinfacciarle colpe che non ha: dovremmo solo fare un esame di coscienza e vergognarci un po’, per come l’abbiamo umiliata, svilita, offesa. Noi, che appendiamo al balcone il tricolore per un gol della nazionale o per una vittoria della Ferrari, ma non l’appendiamo più per il 2 giugno. Come se non fosse quella, solo quella, il più grande capolavoro dell’orgoglio italiano.
@ltroPensiero festeggia il 2 giugno, abbraccia la repubblica e se la tiene sempre più stretta.