I RAGAZZINI E IL SUICIDIO, L’ANTIDOTO MIGLIORE E’ PIU’ CULTURA UMANISTICA

Alcune considerazioni a margine della triste vicenda della morte di un tredicenne a Gragnano. Intanto, scopro che io stesso ho difficoltà a rispondere alla domanda: “A 13 anni cosa si è?”, Un bambino, un ragazzino, un adolescente? E’ il segno di una distanza, ma anche di un’incapacità a comprendere i fenomeni della vita.

Tornando all’attualità, è possibile che si tratti di suicidio e non di incidente. Inizialmente si era pensato che il ragazzo si fosse sporto dal balcone per tentare di riparare il cavo dell’antenna tv. I genitori, ovvero coloro che meglio hanno conosciuto il ragazzo, pare che propendano per l’ipotesi dell’incidente. Poi sono emerse minacce e insulti da un gruppo di 6 persone, di cui 4 minorenni, attualmente indagate per istigazione al suicidio. Tutto provocato dalla scelta di Alessandro, questo il suo nome, di lasciare la ex fidanzatina. Ovviamente, è compito della magistratura l’accertamento della verità e le mie considerazioni sono di carattere generale.

Innanzitutto, nel nostro Paese è in aumento il numero dei suicidi: sono circa 4000 all’anno e con un’incidenza particolarmente grave tra i giovani. Si tratta addirittura della quinta causa di morte tra i giovani tra i 10 e i 19 anni. In questa fase della vita, più che desiderio della morte, si tratta del tentativo di porre fine ad un dolore mentale percepito come intollerabile.

Per comprendere quanto possa essere subdolo il rischio di suicidio nell’adolescenza, basti pensare che in una vicenda come questa non c’è una famiglia problematica, l’adolescente è definito dagli insegnanti un allievo modello, tra l’altro un gran bel ragazzino, con una vita di relazione nella norma, senza nessun segno rivelatore di disagio.

Se fosse vero che stava male per il bullismo che subiva, perché non ha chiesto aiuto a nessuno? Questa è la domanda centrale su cui riflettere. Da un lato, l’area dei segreti è tipica dell’adolescenza e va considerata legittima. Mentre un bambino racconta tutto ai genitori, un adolescente inizia a nascondere qualcosa, ad avere segreti per i propri genitori. Questo serve a costruire un’area privata, che prepara l’ingresso al mondo degli adulti. I genitori invece possono vivere questo come un rifiuto e diventare controllanti e critici. Ma devono rispettare questo mutamento. Addirittura, secondo Freud, la ribellione verso i genitori serve a proteggersi dal rischio potenziale di relazione simbolicamente “incestuosa”. Il bambino ama i genitori, non ha problemi a dirlo, l’adolescente deve proteggersi da questo amore. Per farlo, la cosa più semplice è sbattere la porta. Diventa ipercritico verso i genitori rivendicando autonomia. I genitori sono sorpresi da questo cambiamento a cui reagiscono a volte in modo duro. Questo è il movimento tipico dell’adolescenza. Ma nelle fasi di passaggio, come appunto questa, è più alto il rischio che si inceppi qualcosa, pur in assenza di chiari comportamenti predittori di un rischio. Senza demonizzare l’adolescenza, bisogna ripetere, a genitori e insegnanti, che bisogna tenere alta la guardia con un’osservazione attenta.

Probabilmente, l’aumento complessivo del disagio psicologico nelle società moderne è anche dovuto ad un’iperevoluzione tecnologica, a cui non è corrisposto un richiamo ai valori umanistici, non dico altrettanto potente, ma almeno sufficiente. Oggi, possediamo tecnologie estremamente raffinate (l’uomo comune manco sa quante cose possono fare le macchine da noi inventate, incluso far partire aerei e missili precisissimi teleguidati a centinaia di chilometri di distanza), ma non abbiamo un’analoga crescita psichica che ci consenta di reggere quanto abbiamo creato, immersi in una babele di informazioni e posizioni culturali contrastanti. Forse, non ci accorgiamo neanche di quanto siamo confusi.

La soluzione: più filosofia, letteratura e arte per tutti. A partire dai più piccoli.

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