Intanto, perché poco rispettosa anche di chi ha fatto la Resistenza (sto leggendo in questi giorni un libro di Calvino che parla proprio delle sue esperienze personali da giovane), di chi ha combattuto i nazisti, di chi è morto in Spagna e ovunque per garantire libertà alle generazioni successive. Certo, comprendo come le regole della comunicazione impongano messaggi necessariamente brevi per essere efficaci, ma la trovo comunque una banalizzazione poco rispettosa di molte vittime.
Ma la semplificazione è demagogica e quindi, per me, anche pericolosa. Volendo pure immaginare che gli str.. non sono quelli che combattono le guerre in prima linea (e che sono sempre, in tutti i tempi e in tutte le latitudini, prevalentemente le persone più deboli e povere della società), ma che ci si riferisca solo ai potenti che le guerre le decidono e le dispongono, il messaggio nella sua genericità è lo stesso pericoloso. Cosa vuol dire? Il senso implicito è che forse i governi sono tutti uguali? Allora Putin e Zelensky sono simili, Biden e Trump uguali sono? Lo stato di Israele è tanto democratico quanto Hamas? Meloni, Salvini e Conte valgono quanto De Gasperi? Forse per qualcuno è veramente così: tutti i popoli non vogliono le guerre e tutti i potenti hanno da guadagnare dalle guerre…
Certo, le guerre sono terribili, le vittime sono spesso innocenti, bambini, anziani che non hanno alcuna responsabilità, e i combattenti si sono talvolta resi protagonisti di orribili violenze, massacri, stupri.
E’ lontana da me l’esaltazione della violenza. Sono convinto anch’io che il metodo nonviolento sia di gran lunga il migliore per la risoluzione dei conflitti e che sia auspicabile un pianeta dove non ci siano più guerre e gli uomini si riconoscano fratelli, pur con esigenze e opinioni diverse, ma il messaggio comunicativo mi sembra ugualmente pericoloso, soprattutto oggi.
Mi ha fatto venire in mente la stupidaggine che mi proponevano alcuni quand’ero ragazzo. Persone anche autorevoli sostenevano che il comunismo reale, che ovunque si è realizzato sotto forma di dittatura, fosse una degenerazione impropria del vero comunismo, solidale e democratico, che era tutt’altro. Peccato che non esistesse. Come dire che Hitler con la sua pazzia omicida fosse solo una degenerazione sbagliata del nazismo, che in sé era tutt’altro. Follia, eppure sostenuta con convinzione da diversi in passato.
La storia è molto complessa. E’ contraddittoria, si muove in modo non lineare, va studiata in modo approfondito. Le semplificazioni ignorano troppo del nostro passato e sono quindi pericolose. E’ l’ignoranza che fa il gioco del potere. Buttarla in caciara, fare demagogia, questo fa il gioco dei prepotenti.
Studiare, provare a comprendere, sia le ragioni di tutti, sia perché l’umanità sia evoluta in un certo modo piuttosto che un altro, è decisamente più difficile e faticoso.
Per quello che mi riguarda, ho capito che è essenziale evitare il dualismo buono/cattivo, dove il male è sempre fuori di noi. A partire da noi stessi, poi nelle nostre relazioni familiari e poi nella società. L’uomo, ogni uomo, è capace tanto di gesti nobili e disinteressati quanto di ipocrisia e gesti esecrabili. L’integrazione delle nostre polarità è un processo, che non finisce mai.
Se proprio bisogna fare uno slogan, propongo: “Ricorda, tutti simm’ stat’ strunz qualche volta. Eppure, bisogna continuare ad avere fiducia”. Ma temo che non piacerebbe a nessuno…
Il fatto che la frase sia in dialetto la dice lunga, vuole avvicinare, vuole arrivare a tutti. Lei ha molta ragione e sarebbe bellissimo aprire un confronto sociale sul problema guerra. Ma come si può fare? Intendo, come si può raggiungere tanta gente? Gli slogan sono per tutti ed è nella loro natura essere appuntiti, parziali, forti, spesso volgari, riduttivi, stupidi. Ma se parliamo di efficacia, e potremmo proprio prendere l’esempio della guerra, chi li batte? Gli intellettuali, i politici, gli studiosi? E’ con gli slogan che la maggioranza dei capi, potenti, dittatori, hanno portato la gente a morire. Questo significa che la gente ha bisogno di slogan per muoversi, per crederci. Non perché sia ottusa, ma perché ha altro da fare. La gente lavora, si stanca, non ha tempo. Ha bisogno di brevità, è un gran peccato ma è cosi. Passa con la macchina, vede una scritta che (forse) riesce a risuonargli un po’ nella testa ed in qualche modo rianima l’interesse. So che sto dicendo una cosa brutta, un po’ triste, ma è la realtà. Forse la musica può qualcosa in più degli slogan. Passa alla radio, scova le orecchie di tanti, rimbalza da una stazione all’altra. Forse quella può portare qualche contenuto più reale, più dialettico. Senza esagerare ovviamente altrimenti poi diventa pesante, chi la sente più? Si può provare con il teatro, forse. Io ci sto provando ma è complicato anche lì. Serve svago, svago. Santi numi.