I LORENZONI D’ITALIA E IL TIMIDO PAPA

A quanto pare dovremmo sentirci fortunati, noi italiani tendenzialmente un po’ beoti, ad avere sempre dei pensatori illuminati come Gabriele Lorenzoni, deputato 5 Stelle, subito pronti ad aprirci gli occhi. Sul caso dell’ospedale pediatrico bombardato a Mariupol, l’illuminato ci spiega che non dobbiamo berci la verità spacciata dagli ucraini, ma “sentire le due campane, perchè i russi dicono invece che lì c’era una base di neonazisti”. Ma non solo. Il Lorenzoni se la prende anche con il suo collega di partito Roberto Fico, presidente della Camera, colpevole di aver organizzato un collegamento in Aula con Zelenski. Anche per lui una lezioncina speciale: “In questo momento bisognerebbe far lavorare la diplomazia, alla fine l’Ucraina è una nazione in guerra. È inopportuno ospitare l’intervento di Zelensky, penso sia anche un precedente storico. Non bisognerebbe prendere le parti di nessuno, la diplomazia serve a questo. E’ dannoso schierarsi da una parte o dall’altra, noi dovremmo lavorare per la pace”. Quanto a Fico, “La storia lo giudicherà”.

Ma quant’è bravo Lorenzoni. Lui e quelli come lui, che non se la bevono, posizionandosi da brave persone nel territorio neutrale dove non c’è mai un buono e un cattivo, un vero e un falso, un bene e un male. Dove non tira mai vento. Dove non si rischia niente. Dove “non bisogna mai prendere le parti di nessuno”. Dove si ottiene l’unico risultato che conti davvero, inondare di luce radiosa il proprio Ego Narciso.

Ce ne sono tanti, di Lorenzoni. Ce ne sono sempre di più. Gente che se la cava alla grande con slogan taglienti come “basta guerra, viva la pace”. Gente che ne esce comunque bene perchè “le armi non si usano mai, per nessun motivo”. Gente alla quale non si può dare torto, vorrei vedere, come si fa a dire che la pace è brutta, che le armi sono belle, quant’è ganza la guerra, wow.

E’ la via facile dei Lorenzoni verso la santità. Mi sparo un poetico “PEACE”, alzo la bandiera arcobaleno, cito Gandhi, ed eccomi sempre dalla parte giusta, dalla parte di chi comunque non sbaglia mai.

Peccato, davvero peccato che in questo specifico caso la posizione vanitosa, per sentirsi bene e migliori, stia diventando ogni giorno di più vigliacca, colpevole, meschina. Per quanto l’Occidente sia popolato di farabutti, per quanto la Nato sia una gang di spregiudicati boss mafiosi, in questo specifico caso non abbiamo una guerra: abbiamo un arrogante cattivo con un nome preciso, Putin, e abbiamo un popolo in fuga per scappare dalle sue bombe. Certo i Lorenzoni hanno già la risposta pronta: stanno morendo anche  i russi. E come no, quei ragazzini in mimetica mandati al massacro fanno davvero compassione. Ma c’è la minuscola differenza che i militari russi se la vanno a cercare lontano da casa, i civili ucraini se la trovano in casa propria, donne vecchi bambini prima ancora dei soldati.

Agli illuminati Lorenzoni d’Italia, almeno a loro, bisognerebbe semplicemente dire che non è il momento di essere neutri. Non è il momento dello slogan facile, buono per tutte le stagioni, “basta guerra, viva la pace”. Troppo generico, troppo vago. E anche un po’ fuorviante: rischia di rappresentare il solito conflitto tra due Stati, rischia seriamente di attenuare le colpe di chi invade, aggredisce, prevarica.

Questo è il momento di dire fino allo sfinimento, come valorosamente hanno fatto a Firenze e nelle altre 99 città europee, che Putin ha commesso un crimine enorme, che l’Ucraina è vittima di un sanguinoso sopruso. Il che non significa alimentare la violenza, essere guerrafondai e forcaioli, ma significa urlare senza se e senza ma che la libertà è violata e vilipesa, nei modi più brutali. Nei modi che credevamo di aver cancellato per sempre, in Europa.

Purtroppo, spiace davvero doverlo ripetere, in questo momento continua a essere timida, vaga, generica, sommessa la voce della grande guida spirituale dei cattolici, di questo Papa che non le manda a dire, ma che stranamente stavolta si accoda ai Lorenzoni d’Italia, continuando a recitare la stessa litania, “fermatevi, basta guerra, fermate questo massacro”.

Santità, fermatevi chi? Perchè continua a usare il plurale? Fermatevi Ucraina e Russia? Li mette sullo stesso piano? Ci faccia capire, ci è necessario capire. Secondo lei l’Ucraina deve deporre le armi e subire l’invasione? E’ questo che intende usando quel generico plurale, “fermatevi”?

Se invece, come vogliamo sperare, anche per lei stavolta c’è una vittima e c’è un carnefice, passi a un lessico più fermo e chiaro, il suo lessico di sempre, utilizzando il singolare, “fermati”, indirizzandolo all’unico destinatario che davvero può fermare questa atrocità. Si chiama Putin, caso mai non le venisse il nome. Se ce l’ha sulla punta della lingua, ma non riesce a dirlo per timore di danneggiare il lavoro diplomatico, tutto questo è molto deludente, per noi cattolici di strada. A noi interessa che la diplomazia vada avanti nei suoi canali sotterranei, ma prima di tutto interessa che il Papa non stia nelle retrovie, allineato in territorio tranquillo dietro ai Lorenzoni, dove piace uscirne comodi con parole generiche e a basso costo. In certi momenti, in momenti come questo, a noi piacerebbe sentire la voce forte, al di sopra di ogni equivoco e di ogni ambiguità, di un Papa ferito davanti all’ingiustizia del più forte contro il più debole, un Papa che al modo di un Cristo scaravolti le bancarelle dei mercanti nel tempio, dicendo chiaro e tondo, nel linguaggio mansueto e rivoluzionario di un Cristo, l’unica frase inequivocabile: “Putin, ti scongiuro in ginocchio, fermati”.

Fermatevi rivolto a tutti e nessuno non ha più senso. E’ fuori tempo e fuori luogo. Ed è pure ingiusto, perchè mette sullo stesso piano Putin e l’Ucraina. Lo sanno anche i bambini: l’Ucraina è pronta a fermarsi fra un minuto, se il tiranno non pretende di metterci sopra il suo tacco. E allora è uno sfondone lessicale usare il plurale. Fermatevi magari piace alla gente che piace, ma non serve a niente. Serve solo a scantonare, a fare bella figura, a uscirne bene senza scontentare nessuno.

Santità, per quello però ci sono i Lorenzoni.

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