I GIOCATORI NON SONO SCIMMIE, SONO CONIGLI

Il nostro meraviglioso pubblico urla scimmia ai calciatori di pelle nera. E’ sempre più divertente assistere e ascoltare le parole dei tifosi che scaricano la loro passione negli stadi finalmente riaperti, perché, altrimenti, costoro picchierebbero le moglie, i figli e i vicini di casa.

Ultime di cronaca giungono da Firenze là dove il curvaiolo viola ha risciacquato la lingua non più nell’Arno ma in qualche cloaca condominiale. Roba brutta che fa male ai primati, nel senso delle scimmie di cui sopra, perché puntualmente messi in mezzo a storie che nemmeno conoscono. A nessuno dei calciatori in campo passa per la testa di fermarsi e di correre verso i cosiddetti spalti per individuare e smascherare il vero rappresentante della categoria orango, bertuccia, mandrillo, scimpanzé, macaco, gibbone. Niente da fare, preferiscono inginocchiarsi in onore e memoria di Floyd, ma quando sarebbe ora di piantarla lì preferiscono proseguire “il gioco”.

Non va bene così, non va bene che con il distanziamento, il biglietto nominale, il calcio prosegua ad avere clienti che oscillano tra l’ignoranza e la violenza. Propongo l’utilizzo del Var, un video con il sonoro ai massimi che chiarisca immediatamente l’accaduto.

A Torino hanno preso il veneto, iscritto al club Scirea dal quale è stato espulso, un eroe mengeliano che aveva insultato Maignan con i berci di cui sopra: l’ubriaco, gonfio di valpolicella, si è poi scusato ma, in verità, nessuno all’ingresso di curve e affini controlla il tasso alcolemico dello spettatore che alla fine risulta sbronzo. Ma non con la b.

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