I DIFENSORI D’UFFICIO CHE FANNO SOLO MALE A SINNER

C’è chi discute ancora sulla sua italianità, ma sono molti che di Sinner faticano a capire l’italiano. Il suo buon italiano, chiaro e semplice, pulito quanto il suo sorriso. C’è chi ancora rompe l’anima sulla residenza monegasca, ma fatica a comprenderne le parole, i gesti, il comportamento: la cinesica.

Forse basterebbe chiedere a lui se si sente davvero il numero uno, probabilmente ci direbbe che è una questione aritmetica, di punti persi e guadagnati, ma non di tornei vinti, perché al momento Alcaraz è tre slam a uno. Tre tornei su superfici diverse, nonostante ci sia chi continua a sostenere che però Sinner è più completo.

Sono opinioni, punti di vista, poi ci sono i fatti che ci dicono che lo spagnolo è il numero due del mondo, ma ha vinto tre tornei top rispetto al nostro fuoriclasse, che però non rivendica nulla, mantiene un portamento sobrio ed elegante, e probabilmente in cuor suo la pensa come Mats Wilander, che a “L’Equipe” ha spiegato che il ragazzo spagnolo, dopo il trionfo sul rosso di Parigi «mette le cose in prospettiva. Le sue possibilità di vincere altri Slam sono immense, e non è grazie al suo diritto o alla sua smorzata. È perché il suo cervello, il suo cuore e il suo coraggio sono al posto giusto».

E ancora: «Mi ha influenzato molto di più oggi rispetto a quando vinse gli Us Open e Wimbledon. Lì era chiaramente il favorito perché aveva già vinto due Major. È anche un insegnamento enorme per lui perché sa di avere quell’extra in lui. Il simbolo è l’inizio del quarto set. Poi si è buttato nella partita come se nulla fosse successo. Ha ritrovato il suo ritmo. Sul 4-0 la parte più difficile l’ha fatta perché ha potuto rilassarsi. Dà l’impressione di avere il controllo della maggior parte degli scambi e che da lui dipenda l’esito della partita. Ciò probabilmente deriva dal fatto che ha molti modi diversi per fare punto. Non fa sistematicamente la scelta migliore ma l’arsenale è lì, a disposizione. All’improvviso l’avversario non sa più su quale piede ballare. La ciliegina sulla torta? Sorride in campo! È un perfetto ambasciatore del tennis».

È chiaro che in quanto a classe, talento e stile anche il nostro Jannik Sinner non ha nulla da imparare o invidiare, tutt’al più, come ha detto lui oggi, da migliorare. C’è però chi ha letto le parole di Wilander come un atto di lesa maestà, partendo lancia in resta proprio in difesa di un ragazzo che fa del controllo e della sobrietà il suo punto di forza.

In più di un’occasione si è raccontato trasmettendo un’immagine di sé che ha conquistato giustamente il mondo, ma molti osservatori faticano a comprendere fino in fondo ciò che Sinner dice e trasmette. Wilander lo ridimensiona? E allora via sotto a difendere chi non si è mai sentito attaccato, ma semplicemente baciato da Dio perché in possesso di un talento immenso, che lui onora tutti i santi giorni con gesti bianchi e nobili e un comportamento che se non è da ambasciatore è da autentico testimonial di uno sport che esalta l’eleganza, e Sinner ne fa danza.

Parla senza alzare la voce, senza digrignare i denti: le sue parole sono miele, anche in occasione di sconfitte amare. Forse anziché interrogarsi sulla sua italianità, alcuni osservatori dovrebbero fare uno sforzo in più: comprendere il suo italiano.

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