HANNO ANCORA LA FACCIA PER DIRE CHE CAMBIERANNO LA RAI

Una nuova: si riuniscono potenti a vario titolo e di vario livello, ovviamente con la loro corte di sottopancia, per rilanciare la Rai. So che sembra una grande battuta, ma è vera. Hanno ancora il coraggio di organizzare due giorni di chiacchiere per rianimare l’agonizzante corpaccione della tv parastatale. Li chiamano pomposamente Stati Generali, ma l’unico stato evidente è quello vegetativo in cui versa ormai questa povera azienda sfasciata (vedi bilanci, vedi qualità del servizio, vedi ascolti).

Non hanno il senso del limite. Tanto meno quello del ridicolo. Una volta avevamo il tormentone penoso della Bicamerale, ma quello almeno ha il pregio d’essere dimenticato. Sopravvive invece florido e sempre fresco questo della “riforma Rai”. Ovviamente, il mantra del nuovo pensatoio è “sottrarre la Rai al controllo della politica”. Anche questa: sembra una battuta di Crozza, ma sono seri. Riescono a ridirla, ineffabili e imperturbabili, come il nonno che ai matrimoni racconta sempre la stessa barzelletta, come se non avessimo alle spalle decenni di volgare mercato delle vacche, finanziato con i soldi della collettività, chi vince piazza i suoi e chi perde aspetta il prossimo giro. E adesso proprio loro, quelli che l’hanno voluta così, che l’hanno fatta così, che l’hanno ridicolizzata così, proprio loro sarebbero quelli che devono rivoltarla come un calzino, sempre innaffiando il tutto con le solite battute di spirito, del tipo “la Rai deve stare sul mercato”, “la Rai dev’essere punto di riferimento della cultura italiana”, “la Rai dev’essere il baluardo del pluralismo e della democrazia”, eccetera, eccetera.

Gli italiani, che stanno riformando la Rai a modo loro, cioè cambiando canale (rivedi ascolti: se non è Sanremo, se non è Nazionale, è flop), ancora una volta devono sorbirsi questo grottesco teatrino, due giorni di slogan a pappagallo proprio dalla voce di chi ha creato il disastro. Quasi non fosse chiaro che anche stavolta dietro la nube delle parole vuote si nasconde il vero nodo: trovare un accordo per il nuovo presidente. Come sempre, è una nomina il nocciolo della questione. E nessuno che si prenda la briga, come in un’azienda vera quale vorrebbero essere, di spiegare chi e perchè ha caricato sulla Rai i ritorni disastrosi da zero virgola dei vari genialoidi dell’ultimo palinsesto, i Monteleone, i Giletti, i Barbareschi…

Se non altro, panta rei, passeranno anche questi Stati Generali. Bisogna starli a sentire e sopportare. Possiamo farcela. Cosa sono mai due giorni di fronte al supplizio che il (dis)servizio pubblico ci infligge quotidianamente (e chiedo scusa a Report se finisce nel mezzo). Piace dire da sempre che la Rai è la prima industria culturale del Paese: per fortuna non è (più) vero, pensa altrimenti come starebbe messo il Paese.

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