di CRISTIANO GATTI – Trump che inizia la guerra al Covid dicendo “200mila morti sarebbe un buon risultato per l’America”. Trump che visita una fabbrica di mascherine senza mascherina. Trump che chiede al giornalista di togliersi la mascherina. Trump che spinge per rimedi naturali tutti suoi. Trump che dice mai e poi mai mi metterò la mascherina. Trump che deride Biden per la mascherina, nel testa a testa tv. Alla fine, Trump in quarantena per Covid (assieme alla signora).
Inutile coprirci di ipocrisia, sarebbe anche peggio: meglio dire la verità, non c’è niente di male nel riconoscere che quest’ultima notizia ci strappa una mezza risata. A questo sono arrivati i grandi della terra, certi grandi: a farci ridere della loro malattia. Solo un attimo, l’attimo dell’istinto, poi chiaramente si torna a ragionare – noi – e a riconoscere che comunque una malattia non può far piacere a nessuno, con tanti auguri sinceri di pronta guarigione.
Resta però un fatto, un fatto epocale: il Covid ha ufficialmente e definitivamente consacrato la grande stupidità dei grandi. Su questo nessuno può discutere. Mettere assieme Johnson, Bolsonaro e Trump è come formare un attacco con Ronaldo, Messi e Neymar: comunque un trio di talenti eccezionali. Se non altro, la natura si è incaricata di dimostrare quanto vale, questo talento particolare: come quello di Totò e Checco Zalone, è il fantastico talento della comicità.
Salgono sul pulpito e mostrano forza, coraggio, carattere. Tanta forza, tanto coraggio, tanta determinazione. Il Covid? Ma basta con questo panico da poverelle, a noi il Covid fa il solletico. Continuate a lavorare, continuate a divertirvi, continuate a spendere: non si può fermare l’economia per uno stupido virus. E assieme a questi loro smodati manifesti dell’onnipotenza umana, il giudizio – esplicito o subliminale – su noialtri meschini, così pavidi, così prudenti, così conigli. Nel loro mondo, noi siamo i perdenti. Uomini senza niente sotto, anche se siamo donne.
Ma dopo tutto questa bulleria d’alto bordo non sarebbe neppure così significativa, se non fosse che poi – passando all’azione – questa belle gente diventa anche pericolosa. E’ pericoloso Kim nel suo disumano orticello coreano, ma davanti al Covid non scherzano nemmeno questi, che sarebbero a capo delle democrazie più evolute. Questa è gente che non ha problemi a dire “200mila morti sarebbe un buon risultato”, che senza sapere un’acca di virus proclama al popolo “è solo una stupida influenza”, che lascia circolare il Covid nelle favelas usandolo come potente arma di riduzione demografica, liberando un po’ di spazio in quelle suburre problematiche.
E’ davanti allo spettacolo di questi mesi allucinanti che passa la voglia di ridere. Se i grandi bulli si prendono il virus, in fin dei conti rinasce la speranza che la smettano di sparare asinate e si mettano a fare le persone serie, come richiede la loro carica (vedi Johnson, che adesso è più prudente di un Crisanti).
Quanto a noi, a noi deboli senza niente sotto, chiaramente ci ammaleremo comunque, nonostante la nostra paura e la nostra prudenza. Il Covid spara nel mucchio, non è un tipo che faccia tante selezioni di merito. Ma se non altro quando si ammala qualcuno di noi, nessuno ha uno sbocco inconfessabile di sarcasmo. E’ qualcosa.
Di più: noi siamo anche quelli che comunque riescono a dire, sinceramente, apertamente, lunga vita a Johnson, a Bolsonaro, a Trump e a tutti quelli della loro specie. Che sia lunga abbastanza per capirci finalmente qualcosa.