GLI UCCELLI DRONI, IL COMPLOTTO DA RIDERE CONTRO L’IDIOZIA

Immaginavo, nella mia semplicità, che una cospirazione ben fatta fosse una faccenda complicata. La ricetta per una cospirazione sufficiente ad almeno quattro persone pensavo richiedesse ingredienti non proprio di facile reperibilità: un codice segreto, tanto per incominciare, e poi riunioni riservatissime, magari in un bunker sotterraneo o, ancora meglio, dietro al cimitero nelle notti senza luna. Ancora: una cospirazione ben cotta credevo avesse necessità di agganci ad alto e altissimo livello, fondi neri, campi di addestramento nel folto della giungla cambogiana, affascinanti spie dal tacco alto e una discreta quantità di doppio gioco, addirittura triplo. Facciamo quadruplo con avvitamento e non se ne parli più.

Salta fuori invece che preparare e diffondere una cospirazione è un gioco, letteralmente, da ragazzi: la si crea in un weekend, in casa, e non c’è neppure bisogno di mettere giù i giornali per non sporcare. Unica avvertenza è che, poi, una volta fatta la cospirazione, bisogna avere la perseveranza di portarla avanti per anni, con crescente convinzione e con inesausto impegno per diffonderla.

Eh sì, perché a differenza delle cospirazioni tradizionali, che per definizione rimanevano circoscritte a un piccolo gruppo di persone, quelle praticate nel XXI secolo bisogna invece che siano diffuse il più possibile: tutti devono sapere che la cospirazione esiste, altrimenti non c’è gusto, e occorre dunque condividerla sui social, promuoverla con video su YouTube e Tik Tok, provvedere ad annunciarla nelle piazze e, infine, organizzare cortei in modo che anche il passante più distratto, il cittadino più disinteressato alla vita sociale ne venga a conoscenza.

Vi chiederete che razza di cospirazione è una cospirazione che tanto facilmente sfugge alla segretezza e si fa riconoscere così, sulla pubblica via, come una mezza celebrità qualunque in cerca dell’abbraccio dei fan. E’ una cospirazione il cui vero nome è disinformazione.

Ne ha creata una a bella posta il giovane americano Peter McIndoe, fondatore del movimento “Birds aren’t real”. Da anni egli va annunciando a chiunque lo voglia ascoltare che gli uccelli che svolazzano nei cieli urbani e coprono di escrementi le statue dei più illustri personaggi, ebbene proprio quegli uccelli lì, non sono “veri” ma sono droni. Il governo – nello specifico il governo degli Stati Uniti – ha sostituito piano piano i volatili autentici, fatti di penne e ossa, con esemplari meccanizzati ed elettronici, grazie ai quali può spiarci dall’alto e dal basso, da sopra e da sotto, senza che ci sfiori il benché minimo sospetto. Da qui il nome del movimento: “Birds aren’t real”, gli uccelli non sono veri.

McIndoe racconta oggi che la sua iniziativa, nata con intento satirico e parodistico, è diventata un esperimento di disinformazione. “Volevo combattere la follia con la follia” ha dichiarato. Incominciata con un cartello innalzato per scherzo a una manifestazione anti-Trump, l’iniziativa “Birds aren’t real” è diventata una stupidissima cosa seria, con gli aderenti al movimento, del tutto ignari delle intenzioni satiriche del fondatore, che di recente hanno persino protestato davanti alla sede di Twitter perché il logo della società di microblogging rappresenta appunto un uccellino. Il tutto sull’onda di migliaia e migliaia di “follower” raccolti su Instagram e di infinite visualizzazioni catturate su YouTube e Tik Tok.

Peter McIndoe è così riuscito nell’impresa: da solo, ha cospirato contro tutti noi, mettendo a nudo la credulità di tanti e confermando la geniale intuizione di Gustave Flaubert – di cui ricorrono in questi giorni i duecento anni dalla nascita -: la stupidità è un elemento connaturato alla natura umana. Si potrebbe dire addirittura che la stupidità è un accessorio dell’intelligenza. Spinto dalla seconda a farsi domande, l’uomo accetta le risposte che gli vengono dalla prima: tutto fa brodo, purché non rimangano, almeno in apparenza, questioni irrisolte e non debba ammettere al mondo che, in realtà, non sa niente di niente e può solo speculare su tutto, pronto però – se fosse un poco saggio – a far retromarcia quando sbatte contro il muro dell’assurdo.

Purtroppo, soltanto Socrate seppe ammettere apertamente la propria ignoranza, e sappiamo come è andata a finire.

Oggi poi dalla vetrina in cui ci siamo ficcati grazie alla facile esposizione concessa dalla Rete, non possiamo proprio più riconoscere di avere sbagliato: ne va dell’orgoglio, altro elemento intrinsecamente umano, unito alla stupidità così saldamente da formare un mostruoso animale a due teste. E noi di conseguenza continuiamo a sbattere contro il muro dell’assurdo, fino farci male. Proprio come quegli uccelli che si schiantano contro i vetri dei grattacieli, naturalmente teleguidati dalla Cia che in questo modo, diabolicamente, vorrebbe convincerci della loro esistenza.

 

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