GLI EROI DEL “MARIA LETIZIA VERGA” CHE SALVANO I BAMBINI DALLA LEUCEMIA

Lunedì 29 novembre la scuola di management dell’università Bocconi di Milano presenterà, nel nuovo campus dell’ateneo, il “case study” sul “Comitato Maria Letizia Verga onlus”, in particolare sul suo metodo che comprende cura, ricerca e assistenza al bambino e alla famiglia, nonché l’integrazione tra ricercatori, medici e la famiglia stessa.

Il “Comitato Maria Letizia Verga” è un centro tra i più evoluti del mondo, unico in Italia e tra i pochissimi in Europa, per la cura delle leucemie e di tutte le malattie del sangue del bambino. Maria Letizia era la figlia di Giovanni Verga, fondatore del centro e tuttora in prima fila nelle attività del comitato, tutte supportate da finanziamenti privati. Il quartier generale è all’interno dell’ospedale San Gerardo di Monza, dove all’esterno (basta attraversare la strada) è stata allestita una casa-famiglia, una cascina di proprietà del comitato con appartamenti che ospitano i genitori, cui è fornita anche assistenza sociale e psicologica. Tutto gratuitamente.

Quell’esperienza così tragica indusse Giovanni Verga a ribellarsi, convinto com’era e com’è che si possano continuare ad alzare i numeri positivi attraverso ricerca e terapie adeguate. Chiese aiuto agli amici, raggranellò una dozzina di milioni di lire e tornò alla clinica pediatrica De Marchi di Milano, da quel professor Giuseppe Masera che aveva lottato invano per salvare la figlia. Gli offrì quei soldi per comprare tutte le strumentazioni necessarie, ma il luminare ebbe un’idea più brillante: “Perché invece non facciamo in modo che i genitori diventino protagonisti e non siano spettatori impotenti? Perché non pensiamo a qualcosa che sia più duraturo nel tempo?”

Nacque il Comitato, grazie al quale (ha raccontato Giovanni Verga al “Corriere.it”) oggi le famiglie “trovano da noi un ambiente in cui si ride, si scherza, si fa terapia con la musica, con lo sport. Sempre in continua simbiosi tra clinica, ricerca e innovazione”.

Il direttore della clinica pediatrica, il dottor Andrea Biondi, sostiene che “lo stile nelle relazioni è il fondamento del nostro metodo: non c’è decisione presa in questi 40 anni che non sia stata condivisa con le famiglie”.

Giovanni Verga non trovava comprensione, giustificazione, alcun conforto dopo la perdita della figlia, ma ha voluto e saputo trovare un senso: “Ognuno di noi ha la possibilità di fare qualcosa di piccolo o grande nel cosmo, qualcosa che possa far pensare che valga la pena vivere. Forse era tutto scritto… Nessuno 40 anni fa voleva investire su una malattia incurabile, io l’ho fatto e non da solo. Abbiamo potuto investire decine di milioni di euro nel pubblico, oltre che portare avanti la nostra organizzazione privata”. Le donazioni oggi finanziano anche la ricerca sul passaporto genetico, uno strumento essenziale per trovare la terapia adeguata al piccolo paziente.

Il dottor Momcilo Jankovic, pediatra emato-oncologo, non è solo il responsabile dell’unità operativa day hospital di ematologia pediatrica del “Centro Maria Letizia Verga”: è anche uno dei motori più rodati nella creazione di eventi per il sostentamento della fondazione – insieme con decine di volontari e volontarie -, ha scritto numerosi libri e pubblicazioni, ha vinto l’Ambrogino d’oro nel 2010. Il suo motto è “saper ascoltare il linguaggio del bambino malato di tumore e leucemia, per cogliere quello che lui stesso ci suggerisce”.

In Italia i bambini colpiti da leucemia sono circa 400, un centinaio dei quali arrivano a Monza confidando di far parte dell’85% delle guarigioni (nel 1979, quando morì Maria Letizia, era il 25%). In trincea, con medici, ricercatori, infermieri e volontari, il “Comitato Maria Letizia Verga” porta le famiglie. E sta vincendo una battaglia dietro l’altra.

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