GLI CHEF STELLATI E I CRITICI CHE NON CRITICANO PERCHE’ MAGNANO GRATIS

C’è molta tensione tra pentole e abbattitori per la perfida recensione di una blogger americana, DeRuiter Geraldine, che ha preso a schiaffi uno stellato italiano, Pellegrino Floriano insieme con la sodale di cucina Potì Isabella, titolari del ristorante Bros’, sito in Lecce al civico 2 di via Acaja, definito il peggiore ristorante stellato di sempre.

Non entro dei particolari e dettagli, ma mi diverte leggere e sapere che c’è voluta una extracomunitaria per mettere giù quello che molti pensano e non osano, soprattutto tra i cosiddetti critici di enogastronomia, che mutuano l’uso del fustino di detersivo, che offre il meglio a 90 gradi. I quali critici, giornalisti professionisti, blogger, influencer, formano una vera casta, una tribù privilegiata che viaggia, spesso e volentieri gratuitamente, tra luoghi di ristoro, cantine e resort, per poi esprimere opinioni ed emettere sentenze, buone per il popolo bue che non sa distinguere il sapore e la consistenza di un pesce allevato, pure in acqua di mare, da uno libero pescato all’amo, o di un uovo di galline allevate a terra da un altro di batteria, di lenzuola di lino da quelle di cotone.

C’è un’evidente complicità tra cuochi, detti con presunzione chef che starebbe per capo, e i componenti della tribù, una connivenza interessata che spesso si realizza in cene gratis, week end tutto compreso, casse di vini da tre bicchieri, omaggi vari.

C’è un linguaggio ridicolo che accompagna qualunque esibizione di cibo e affini, guai a voi se non frequentate la croccantezza e la sapidità, se poi non conoscete l’albedo e la bastardella, l’haché e lo zest, allora avete dieci giri di svantaggio e il conto cresce, anzi ha una lievitazione naturale mentre attendete il resto.

La critica a Bros’ ha avuto l’effetto domino, soprattutto tra gli addetti ai lavori che sotto le feste (in verità per loro è sempre tre volte Natale, cfr Lucio Dalla) preparano articoli di una purezza da coma diabetico, portandosi avanti con il lavoro in cambio dell’esaltazione di un “coppapasta” che in verità, come ha giustamente corretto Maurizio Battista comico romano e romanesco, trattasi di “pocapasta”, viste le dimensioni e il peso che compongono il piatto, ideale per una ciotola di micino. Non trascurate l’utilizzo dell’evo che non è, come sembrerebbe, uno dei tre grandi periodi in cui si racchiude la storia dell’umanità, ma acronimo di olio extravergine di oliva. Al riguardo sarebbe interessante sapere dai personaggi di cui sopra perché mai esista qualcosa che superi la Madonna e la sua verginità e, dunque, vada oltre in quanto extravergine.

Ma tant’è, i cuochi sono le star del momento, attori di una commedia che madri, zie e nonne, a loro insaputa, hanno recitato dalla nostra nascita, in esclusiva per noi.

Resta frenetica la corsa a conquistare una stella, una toque, tre forchette. Ricordo però che le stelle sono tante, milioni di milioni, non dico come siamo noi. Vi lascio intuire la rima.

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