FOOTBALL DEFAULT

Che il pallone stia scoppiando lo sento ripetere da quando ero ragazzo. Ingaggi faraonici, scriteriata allegria nel maneggiare i verdoni, operazioni al limite – spesso un passo oltre – la legalità, calciomercato folle, sponsor di comodo e fidejussioni farlocche, partite vendute, scommesse clandestine, arbitri corrotti.

La gestione irragionevole del calcio è talmente estesa, nella storia e nella geografia, da non risparmiare nessun organo preposto all’organizzazione e al controllo, dalla FIFA all’UEFA fino a federazioni e leghe. Un’idrovora insaziabile di spese, avidità, pasti luculliani lasciando il conto da pagare.

L’ennesimo, definitivo allarme lo lancia una fonte molto autorevole, “Il Sole 24 ore”, con una minuziosa inchiesta che scoperchia un buco tra i 9 e i 10 miliardi di euro, accumulati in Europa soltanto negli ultimi 2 anni. Le proiezioni dicono di un ulteriore crescita dei debiti del 35% entro la fine dell’anno, a fronte di ricapitalizzazioni che a malapena tappano qualche falla. La pandemia e il progressivo, inarrestabile distacco delle nuove generazioni hanno determinato il crollo di un sistema da troppo tempo retto (meglio dire appoggiato) su fondamenta non a norma.

Il quotidiano finanziario rivela che l’UEFA ritiene almeno 120 clubs a rischio reale di sopravvivenza. I giovani e i giovanissimi, in particolare, non sembrano più legati come tradizione alla “squadra del cuore”, ma al fenomeno singolo e in questo senso i recenti cambi di maglia, per esempio, di Messi, Lukaku e Donnarumma peggiorano la situazione. I bambini non giocano più a pallone: campi e oratori sono semideserti. Lo stadio è caro, l’offerta televisiva pure dispendiosa e troppo frastagliata (almeno in Italia). Nulla avvicina al calcio

L’analisi tecnica prosegue con l’illustrazione delle varie corse ai ripari di alcune società, leggi aumenti di capitale, con in prima fila le italiane Juventus, Inter e Roma che – almeno a livello di debiti – se la giocano con le più grandi rivali continentali.

La seconda, ampia parte del reportage indica la nascita della Super League come ultima spiaggia per cercare la via d’uscita da un tunnel lungo, buio e soffocante, nel quale sguazzano soltanto presidenti spregiudicati e procuratori niente affatto spaventati: la morigeratezza è un sostantivo sconosciuto in questo bengodi dove tutti pasteggiano a ostriche e aragosta, schifando le sardine. Dicendo all’oste di segnare quando è il momento di pagare, fino a quando l’oste non perde la pazienza e diventa minaccioso. Il problema è che l’oste, nel calcio, è una figura immaginaria, un’entità astratta come per esempio un’inchiesta giornalistica…

La Super League, dunque. Un male necessario al di là della cervellotica formula studiata qualche mese fa, in occasione di quel golpe – subito rientrato – orchestrato da JPMorgan, Andrea Agnelli (Juventus) e Florentino Perez (Real Madrid) con il supporto e la partecipazione di quasi tutti i club europei più potenti e prestigiosi. Un insulto alla gente e allo spirito popolare di questo sport? Balle propagandistiche dei parrucconi UEFA, i quali invece per primi hanno contribuito allo sfascio: il Fair Play Finanziario è stata un’utopia men che aleatoria, fasulla al punto tale da far sì che sceicchi, emiri, magnati e famiglie miliardarie creassero eccome una forbice incolmabile tra qualche club e gli altri. Fondando di fatto sul campo una Super League marchiata appunto UEFA e destinata ad essere dominata dai club più facoltosi, prima che tecnicamente superiori agli avversari.

L’alternativa proposta dagli scissionisti della Super League sta diventando inevitabile: sbattersi per entrare in Europa con un premio a garanzia tra i 40 e i 60 milioni, con l’alternativa di entrarci comunque grazie semplicemente a una wild card e il quadruplo delle entrate, seppellisce definitivamente “il calcio è della gente”, una menzogna già oggi sotto terra con la mano che sbuca dalla zolla. Colmerebbe per di più una lacuna sportiva singolare, scovata dal “Sole”: nonostante il delirante calendario internazionale già sull’orlo del collasso e oggi pure minacciato dal Mondiale ogni 24 mesi, negli ultimi 30 anni non si sono mai incontrate nelle coppe lo United con Atletico Madrid e Liverpool, il City con le milanesi, il PSG con la Juventus, mentre il Real si è imbattuto nel Chelsea solo nel 2021. Tutte sfide che vedremo per forza quando di quel torneo faranno parte soltanto queste squadre, senza gli Sheriff e gli Sparta Praga di turno.

Il rischio resta sempre quello: se oggi questi signori incassano 8 e spendono 10, il giorno che incasseranno 24 spenderanno 30 e allora di inevitabile resterà soltanto la fine. Stavolta davvero.

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