FINIRA’ CHE AMEREMO DI PIU’ IL MARQUEZ PENSIONATO

Cadere e rialzarsi. La metafora della vita, ed anche uno degli aforismi più inflazionati tra quelli che ci intasano post, chat, storie in cui si inzuppa di frequente il cervello. Dopo di che, c’è chi cade davvero. E si fa male, davvero, così male che tornare in piedi appare un’impresa “come persino riuscire a mangiare o farsi la doccia, allacciarsi le scarpe o, banalmente, camminare”. Banalmente camminare. Un’espressione cruda, buttata lì da Marc Marquez durante i suoi calvari. Una frase su cui soffermarsi un momento: “banalmente, camminare”. La cosa che ci viene più facile e naturale.

La maggior parte degli italiani che seguono la MotoGp non amano il centauro spagnolo, o meglio, possono stimarlo e ammirarlo, rispettarlo in pista per la sua inarrivabile grandeur, ma troppe volte i suoi atteggiamenti e i suoi modi hanno indispettito chi di Valentino Rossi, per esempio, è stato stregato più dalla solarità che dalle vittorie. Campo questo in cui Marquez non ha rivali: pilota più giovane nella storia ad approdare nel grande circo, pilota più giovane della storia a conquistare una pole, pilota più giovane della storia a vincere un Mondiale. Cui, per la cronaca, ne sono seguiti altri 8 (in 9 anni…), con 85 vittorie in 220 gran premi disputati e 138 podi, con 90 pole positions e 75 giri più veloci. Una leggenda, simpatico o no lascia il tempo che trova.

Se il pilota ha incontrato pochi ostacoli nella sua carriera e li ha scavalcati quasi tutti, l’uomo ha preso sulla schiena la sua croce, la sua moto, ed ha salito il suo calvario. Un contrappasso della pena, cinicamente analizzando le sue trasgressioni, i suoi eccessi, diciamo pure qualche scorrettezza che più volte ha mandato su tutte le furie Valentino e non solo lui. Godere delle disgrazie altrui è da miserabili, non può essere contemplato tra i sentimenti di chi oggi assiste all’ennesimo, forse definitivo stop dell’odioso fuoriclasse iberico. Diplopia: seconda volta che gli viene diagnosticata. Un fenomeno raro in cui si finisce col vedere doppio, ancor più raro se ti capita 2 volte come a Marquez: la prima nel 2012 quando aveva solo 19 anni, la seconda in queste settimane. Sembrava “solo” un trauma cranico a causa di una caduta mentre si dilettava nel motocross in Portogallo, qualche tempo fa, invece è arrivata di nuovo quella sentenza che 9 anni fa lo costrinse a un primo, lento recupero dopo un delicato intervento.
“Si dice che le difficoltà aiutino a crescere e fortificarsi”, dice Marc Marquez. “In fondo i problemi veri, anche quelli di salute, sono altri: secondo i medici posso recuperare ancora…”. La tenacia è propria di chi a cadere è abituato, non da solo inciampando su un marciapiede ma a 300 all’ora a cavalcioni su una bestia di un quintale e mezzo a vuoto, più di 170 chili con il pieno. Marquez ora ci appare come un cane bastonato, una stella caduta in volo, facendoci sospendere, congelare umanamente quei suoi esuberi che qualche volta hanno rischiato seriamente la caduta e la vita altrui.
Se queste bastonate alla salute siano servite a rimettere in sintonia la persona con il motociclista, forse avremo modo di rivedere. Se alla sua mestizia aggiungesse il pentimento, il riconoscimento delle scorrerie di un grande a volte così famelico con i piccoli, apprezzeremmo ancor di più e verso la sua debolezza attuale ci sentiremmo ancor più compassionevoli, per il momento con riserva (sapete com’è). Ma in ogni caso in bocca al lupo. Di cuore.

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