La faccenda appare paradossale per una serie di motivi: il primo risiede nella disponibilità economica di Fassino, che si prende, ogni mese, un bell’assegno. Lui stesso ci ha comunicato, un annetto fa, il contenuto della sua busta paga: 4.718 euro netti. Vero è ben che l’ha fatto per dimostrarci che, bontà sua, guadagnava pochino. Sul tema degli emolumenti ai parlamentari, effettivamente, vengono spesso sparate cifre astronomiche, un po’ a casaccio: tuttavia, ammetterete che, quasi 5.000 euro, più tutte le indennità accessorie, rappresentino, per molti di noi, un tesoretto apprezzabile. Insomma, il Nostro non è certamente un clochard che abbia bisogno di rubare un pacco di fusilli per garantirsi la cena.
Ecco, dunque, la prima bizzarria: un ricco che ruba profumi al duty free. Oltretutto, e qui troviamo la seconda cosa strana, il furto appare poco logico, trattandosi di profumo femminile: l’ipotesi che Fassino rubi preziose essenze per farne omaggio ad una bella misteriosa appare francamente improbabile, il che rende ancora più oscura la vicenda. Il mistero di Fassino e dei profumi rubati. Va da sé che ancora più improbabile appare la versione secondo cui l’allampanato parlamentare piddino abbia rubato questi profumi per farne uso: immaginarselo in accappatoio che, dopo la doccia, si asperge di fragranze femminee è semplicemente raccapricciante. Oddio, non che siano mancati esempi di politici inclini a questo genere di pratiche, tanto alla luce del sole quanto nei penetrali più nascosti, ma non mi pare il caso: Piero l’austero, al di là della sua nomea di simpatico mena scrovegna, mi sembra uno serio e poco incline alle partouze. Secondo me, trattasi di cleptomania.
Vi è poi la battuta, ancora da verificare, che avrebbe pronunciato all’indirizzo degli uomini di Polaria che l’hanno blindato con la refurtiva in tasca: non sapete chi sono io! E, se la cosa è vera, mi sembra la più grave di tutta la vicenda: perché passi il furto, passi l’assoluta non necessità del medesimo, passi la scelta del profumo, ma cercare di scantonare dalle proprie responsabilità con una frase da commedia all’italiana, da Fassino proprio non me lo sarei aspettato.
Dunque, dando per buono tutto quello che hanno scritto i giornali dello spiacevole e cupo dramma, ne esce un’immagine di Piero Fassino decisamente desolante: tristissima come la triste figura cervantiana che lui pare fisicamente rappresentare. Uno così, parlamentare di lungo corso, immagine vivente di “bogianentismo” piemontese, sobrio, quasi luterano nell’aspetto e nei modi, espressione di un postcomunismo che non rinuncia alla propria immagine di incorruttibilità e di superiorità morale, che si fa beccare come un centrodestrista qualsiasi, con le mani nella marmellata? Non sta bene, lasciatemelo dire.
E, comunque, questa politica che va avanti a figuracce da avanspettacolo, tra treni fatti fermare e profumi imboscati nel paletot, mi permette di cimmineggiare sul livello dei nostri uomini politici. Che mi sembrano, salvo poche eccezioni, altrettanti Alberto Sordi: una metafora dei difetti dell’Italiano medio. Con la differenza che Sordi recitava davanti ad una cinepresa, mentre questi recitano i loro ruoli grotteschi sul palcoscenico della vita. Della nostra vita, se rendo l’idea.
Vabbè, archiviamo anche l’episodio di Fassino e del furto di profumi: tanto, fra due giorni, lo troveremo di nuovo in televisione a pontificare su qualche questione etica di alto livello. Noi siamo un Paese senza memoria, governato da gente senza vergogna. E le due cose insieme ci permettono di avviarci allegramente verso il prossimo disastro: di catastrofe in catastrofe, insomma. Ma, perlomeno, avremo un buon profumo, stavolta.
BANCHE E PROFUMI
ON. FASSINO
Totò: cari amici…talvolta ci riferiscono delle notizie alle quali fatichiamo a credere.
Santo: a cosa ti riferisci?
Totò: ma sarà vera la storia del profumo che l’On. Fassino avrebbe asportato, senza pagarlo, dal Duty Free ubicato dentro la stazione aeroportuale di Fiumicino a Roma?
Santo: non so cosa dirti. Ma voci di Transatlantico ci dicono che abbia sfogata tutta la sua amarezza con una spiegazione alquanto plausibile.
Nenè: cioè?
Santo: avrebbe detto che si trattava di una confezione con un’etichetta dove c’era la seguente scritta:
ABBIAMO UNA BANCA?
Ambrogio: Prof. Vezio… che ne dice?
Vezio: se è vero quanto ci riferisce l’amico Santo, la mia riflessione è alquanto semplice.
Ambrogio: vale a dire?
Vezio: come diceva Carlo Marx “la storia si presenta sempre due volte; la prima come tragedia, la seconda come farsa”
(Dai Dialoghi svolti al Circolo della Concordia)
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