Per chi non lo sa, parliamo di un regolamento della Real Marina – anno 1841 – da usare in occasione di visite a bordo delle alte autorità del Regno.
“All’ordine “facite ammuina” tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora; chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta; tutti chilli che stanno abbascio vann’ coppa e chili che stanno ‘ncoppa vann’ abbascio; chi nun tiene nient’a ffa, s’aremeni a ’cca e a ‘lla”.
In italiano è senz’altro meno efficace, il senso è: fate movimento senza fare niente, basta far vedere che lavoriamo.
Più o meno si sta vivacchiando così, dentro le aziende. Il mondo si è piano piano fermato, si è addirittura paralizzato nelle filiere commerciali.
Nonostante ciò, si organizzano meeting virtuali giornalieri, fioccano template e report da compilare, ci si affanna a cercare previsioni attendibili e si fa il possibile per tenere alto lo spirito della ciurma. Una bella ammuina globale, anche senza bastimenti da ispezionare.
Aveva senso impegnarsi a fondo nella prima fase, quando le cose da sapere e da organizzare erano tante. Per esempio, attrezzarsi e abituarsi allo smart working coatto è stato uno sforzo che ha risucchiato energie, oppure ripianificare per bene le attività ha richiesto concentrazione. Ma adesso che si assiste al vuoto assoluto e che siamo nell’occhio del ciclone, è davvero difficile distinguere l’ammuina da una vera azione.
In questi frangenti noi italiani siamo i più bravi. Sottolineo però il senso nobile del nostro atteggiamento. Non tanto perché ci è congeniale adattarci meglio degli altri e far sembrare una cosa al posto di un’altra. Così faremmo il paio con le note e odiose caricature: spaghetti, mandolino, dolce vita, ecc.ecc. No, no. Io intendo il nostro acume nel capire cosa c’è bisogno di fare, di andare alla sostanza del problema. Quasi il contrario dell’ammuina classica – che ci viene più facile quando le cose vanno bene -: nelle emergenze noi andiamo dritti al punto.
Dal mio diario di bordo internazionale, vedo i colleghi di altri paesi annegare nella pioggia di format e tabelle da compilare nel tentativo di tenere sotto controllo la situazione. Peggio, vedo qualcuno che li chiede, che aspetta istruzioni su come ci si deve muovere, che si perde in mille dettagli. Lo sbaglio è pretendere di fare le cose in modo preciso e scrupoloso, quando tutto il contesto è completamente sballato.
“Dear all, please, listen to us”, ruggiamo noi: ascoltateci, per favore. Per le previsioni bastano due cifre, non è difficile recuperare informazioni dal mercato e si va per approssimazioni successive. Provo a dirvi in sintesi le tre cose chiave, non mi servono presentazioni formali. Infine, ne suggerisco altre tre per venirne fuori. Full stop.
Più o meno questo è quello che abbiamo sostenuto in un recente meeting importante. Incredibile, ma vero: il nostro metodo è stato preso come esempio per le prossime riunioni a più alto livello. Adesso mi aspetto la chiamata dal solito collega d’oltralpe, stralunato, per chiedermi come abbiamo fatto.
Lascio un commento dedicato a Luis Sepúlveda, autore del celebre romanzo Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, che purtroppo ieri è venuto a mancare.
“Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro ancora si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia”
Di pioggia ne è caduta parecchia; vediamo il sole e il vento cosa ci porteranno di nuovo.
Non posso che inchinarmi davanti a una citazione simile e … aspettare anch’io il sole e il vento.
L’attesa quasi statica delle aziende può essere, nella sua componente più umana, un raduno di energia essenziale. Quella che già immagina, nella ripresa, uno slancio maggiore. La componente motivazione dell’essere umano viene sollecitato proprio dall’istinto alla conservazione. Parlo di conservazione e non di sopravvivenza perché di questa avremo solo effetti purtroppo limitanti e per alcuni aspetti traumatizzanti che richiederanno tempo e sforzo auto-terapeutico. Parlo della conservazione dello status sociale, né basso né medio né alto. Semplicemente ciò che abbiamo oggi e che con tutta la nostra forza vogliamo mantenere. Chi, come me, sta lavorando veramente poco ha tutto il tempo di riflettere su ciò che è la necessità. Ed ha tutto il tempo di paragonare le ambizioni più alte e diverse avute prima di questo momento semplicemente a ciò che ha raggiunto nella vita prima di questo momento. Una volta scrissi che per chi non ha pane la necessità è il pane. Per chi ha il pane le necessità diventano altro con la stessa forza, con lo stesso dolore per l’assenza. Ecco, siamo tornati a pensare all’essenziale, e nel mondo in cui viviamo è un evento gigantesco. Questa particolare quasi immobilità aiuta ancor di più a percepire ciò che non vogliamo perdere. Mentre ci regala del tempo prezioso per conoscere i nostri perché più profondi, quelli legati agli affetti, alle relazioni fatte di abbracci, al nostro senso civico. Ameremo di più la nostra società ed il nostro lavoro. Questa per le aziende sarà una nuova ricchezza. Il mercato ripartirà con difficoltà ma avremo una forza lavoro migliore, ne sono certa.
Grazie per il commento positivo e per la sua lettura interessante della necessità-essenzialità. Con questo approccio, la ripartenza sarà meno traumatica e più consapevole.
Si, tante riunioni virtuali di questi giorni mi sono sembrate poco utili, forse la sola ragione era di “serrare i ranghi” in questo “virale” periodo. In questi giorni tutti uguali, per evitare di galleggiare senza senso, mi attacco al pragmatismo e mi ripeto “esiste solo ciò che fai”.
Vero, anche se magari povere di contenuto, le riunioni di questi tempi servono per mantenere un network attivo e condividere le difficoltà. Che è già tanto.
Ho letto parecchie volte il libro di Enerst Hemingway “Il vecchio e il mare”.
Rappresenta una situazione di confinamento simile a quella che stiamo vivendo attualmente, ma aggravata dal fatto di essere in mare aperto e da soli.
Il vecchio, parlando da solo, ad un certo punto dice: “Ora non è il momento di pensare a quello che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che hai”.
Beh, credo che in attesa di ricevere aiuti concreti dall’Europa, dobbiamo tirare fuori tutte le capacità di inventivà, genialità e generosità che ci contraddinguono da sempre il popolo Italiano.
Ignazio
Citazione dotta e perfetta per questi momenti, grazie. Quando si dice che leggendo i classici si trovano già tutte le risposte …