FACCIAMO POLLAIO ANCHE SULLA FESTA DEL PAPA’

Barbara Caterini è la direttrice didattica di una scuola materna di Viareggio e come tutti da quelle parti è abituata alle feste e alle sfilate. Dietro l’angolo ci sono i papà da celebrare e tutto è pronto con laboratori sul tema, nei quali coinvolgere le famiglie e naturalmente i padri al posto d’onore.

Pronti via dunque. Anzi no, stop, non se ne fa niente, le mamme dei bambini che un papà non ce l’hanno lamentano la discriminazione, l’esilio in altri lidi, e la direttrice non si fa pregare: la festa non si farà, la società è cambiata, hanno ragione le mamme degli orfanelli e allora niente bon bon e stelle filanti, tutti in silenzio come se nulla fosse.

Qualche papà che si era tenuto libero per l’occasione si lamenta e dopo tanti preparativi han da dire pure le mamme dei normodotati, quelli che i genitori li hanno entrambi. Tutti i torti francamente non li hanno, anche se non mi pare questo il punto. A dar manforte interviene pure la destra dura e pura, di questo passo ci toglieranno anche il Natale e tutte le feste a comando dicono. E tutti torti non li hanno neppure loro, anche se nemmeno questo mi pare il punto e siamo a due.

Il terzo punto, quello vero direi, è l’utilizzo del paravento del politicamente corretto. Per non urtare le sensibilità, per non voler provare ad affrontare questioni spinose, per mancanza di profondità e larghezza di pensiero in fondo, si preferisce la soluzione più semplice, quella che ti consente di giustificarti e nel contempo ti permette di non prendere di petto le cose.

Un bambino senza papà che beneficio può trarre da una Festa del papà annullata e passata sotto silenzio, ammesso e non concesso che il silenzio sia possibile e ammesso e non concesso che i bambini siano stupidi? Da un lato accarezzare, e sia, dall’altro nascondere tutto sotto il tappeto: il papà che non c’è, i papà altrui e la festa del papà annessa. Facciamo finta che, insomma.

Lo psicologo direbbe meglio di me, però mi sembra evidente che la mancanza del papà è qualcosa con cui fare i conti per tutta la vita e non sarà una censura ad aiutare i bambini a elaborare il tutto. E in tutto questo la scuola in realtà perde l’occasione di escogitare festeggiamenti e attività che coinvolgano e abbraccino, più o meno letteralmente, i piccoli senza babbo.

Abolendo la Festa del papà si abolisce anche la fatica e l’incombenza di immaginare momenti comuni nei quali accogliere l’eventuale tristezza o le domande di chi un papà non ce l’ha. Perché invece non provare a immaginare la Festa del papà di tutti, quelli che ce l’hanno e quelli che non ce l’hanno, o non ce l’hanno più.

La sfida è proprio fare la cosa più difficile, persuadere anche le mamme sole che non sarà la soppressione di una festa a rendere meno faticosa la vita dei propri figli, e potrebbe anzi essere l’occasione per convincerle che, sia pure minuscoli, con quell’assenza possono convivere anche con l’aiuto degli altri.

Dal Natale in giù, chi scrive è allergico alle feste comandate, ma anche questa è cultura della cancellazione, la cultura che pialla tutte le asperità e ha lo stesso effetto di un una fumata di marijuana: buona, buonissima, ti mette di buon umore, vuoi abbracciare il mondo e sbaciucchiare tutti, solo che quando l’effetto svanisce ti rendi conto che devi andare a lavorare e magari metterti sul serio a piallare le asperità: in officina, in falegnameria oppure nel più faticoso dei laboratori, in famiglia.

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