ETICA E AFFARI, LA SFIDA E’ POSSIBILE

di GHERARDO MAGRI – Una terreno minato il tema dell’etica nelle aziende private. In questi giorni assistiamo a uno schieramento compatto dei giustizialisti che danno il meglio di sé (a ragione) nei confronti del fattaccio del Mottarone. Impossibile non assecondare il sentimento, perché c’è ben poco da chiarire, dopo aver sentito certe ammissioni. La memoria va poi al Ponte Morandi, caso gemello, solo più grande. Per non parlare dell’azienda bresciana che diffondeva veleni nei terreni agricoli. Il filo rosso? Sempre il solito: fare profitto, portare a casa denaro, il più velocemente possibile. Senza andare per il sottile.

Preferibile, allora, cercare di fare delle riflessioni laterali: anche solo per uscire dall’ovvio e dall’omologazione.

Cominciamo a dire che il tragico episodio non deve essere strumentalizzato per sostenere amaramente e cinicamente che il Covid non ci ha insegnato niente, che erano tutte fandonie l’idea che saremmo cambiati in meglio dopo la pandemia, bla-bla-bla. Questa canzone non funziona. I responsabili della strage sono persone che si sarebbero comportate così prima, durante e dopo. Sono certo che fanno parte di quella schiera di irriducibili, il cui credo è “io sono il più furbo di tutti e la faccio sempre franca”. Non dobbiamo parlare di una categoria di imprenditori killer, piuttosto sono dei killer che fanno anche gli imprenditori. Attenzione a generalizzare, perché la trappola è dietro l’angolo. Se vogliamo subito un contrappasso, cito il caso dell’imprenditore edile che decide di premiare i propri dipendenti quando dimostrano di aver letto un libro.

In tutti e due i casi, trattasi di exploit a livello personale, in due direzioni decisamente opposte.

Seconda riflessione. Per quanto le organizzazioni delle aziende, piccole o grandi che siano, nel tempo si siano date da fare per darsi delle regole interne, purtroppo la strada è ancora lunga per raggiungere una massa critica significativa. Sono testimone di quanto si stia facendo per aumentare la consapevolezza sui temi della responsabilità individuale e collettiva: l’esempio della proliferazione dei codici etici interni molto ben redatti e chiari nelle enunciazioni, con relative sanzioni, è lampante. Oggi è difficile non aver masticato qualcosa del genere in azienda. Così come i training sull’anticorruzione, sull’antitrust, sull’”anti” di molti processi che possano nascondere comportamenti scorretti e appunto “anti-etici”. Al momento dell’assunzione, è comune la prassi che al candidato si richieda la firma di presa visione. Insomma, i sistemi e il modo di lavorare moderno prevedono ampiamente la possibilità di sapere, di prepararsi e di attrezzarsi per imboccare la strada maestra.

Ed è proprio qui che sta il cuore del problema. Le regole sono regole e si possono imparare a memoria, però è la tua convinzione nell’applicarle che fa la differenza. In ordine sparso, provo a fare degli esempi. Dire semplici e fermi NO davanti alla chiusura di contratti facili, continuare a dire NO a scorciatoie che pregiudichino l’osservanza delle regole stabilite, dedicare tempo a seguire scrupolosamente l’esecuzione delle decisioni prese, ascoltare quelli che ti danno consigli utili senza considerarli per forza dei gufi, avere la pazienza di verificare che tutte le cose sia fatte bene fino in fondo, dedicare molta attenzione agli impatti di certe azioni. In azienda, se riesci a fare tutto ciò in prima persona è la migliore medicina, se sei un capo ancora di più: gli altri ti seguiranno in modo naturale, convincendosi senza sforzi. Un paio di migliaio di anni fa, Aristotele l’aveva scoperto col suo metodo peripatetico, e oggi qualche consulente solone lo spaccia nella versione internazionale in inglese “walk the talk” (fai ciò che dici).

Temo che la passeggiata (walk in senso letterale) dovrà trasformarsi in una gara di gran fondo, ma un lungo cammino inizia sempre con un piccolo passo – prendo a prestito un famoso copyright -, e noi il primo l’abbiamo fatto da tempo.

 

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