ERA MIO PADRE, L’OMAGGIO CULT DI RICKY A UGO TOGNAZZI

A distanza di poche ore e dunque quasi contemporaneo a Giorgio Perozzi, alias il magistrale Philippe Noiret giornalista in “Amici miei”, il 23 marzo 1922 nasceva Ugo Tognazzi e per il suo compleanno il figlio Ricky gli ha dedicato un documentario, “La voglia matta di vivere”, trasmesso su Rai2 e ancora reperibile su RaiPlay.

Dolcissimo, denso di ricordi e testimonianze di attori, registi, amici, parenti, ricco di inediti e racconti di cuore, lo definirei imperdibile per cogliere l’amore che trasuda in ogni secondo del girato e per rivivere l’atmosfera di un’Italia, un mondo, diverso e dimenticato.

Superba la rivisitazione del rapporto di Ugo Tognazzi con Raimondo Vianello, Vittorio Gassman, Paolo Villaggio e soprattutto la sua famiglia, a partire dai video amatoriali gelosamente custoditi da Gianmarco Tognazzi e in cu si vedono insieme tutti i figli, avuti da 3 mogli diverse – di cui Franca Bettoja l’ultima e la più duratura – eppure uniti e legati in maniera indissolubile. Nel nome del padre.

Ricky ha trasmesso, in poco più di un’ora, un’esistenza straordinaria di un personaggio unico nel panorama dello spettacolo, capace di reinventarsi in ogni momento del suo cammino, volando come una sorridente libellula tra la rivista e il cinema, il teatro e la televisione che – come spesso accade – a un certo punto lo mettono in soffitta, e allora lui se ne va a Parigi a recitare “L’avaro” in francese, con una stoccatina ai suoi colleghi: “Sono tutti invidiosi e quindi questa mia nuova esperienza genererà un po’ di malumore”.

Diviso tra l’amore per la cucina e lo sport, con il calcio e il Milan nel cuore, ma anche padrino di un torneo di tennis che si è svolto a casa sua per decenni e che aveva in palio lo scolapasta d’oro, Ugo Tognazzi è descritto da suo figlio che ne esalta le doti e il buonumore perenne, senza timore di metterne a nudo i difetti privati come gli amori e i flirt, i corteggiamenti oltre il set e il palcoscenico, rievocati dalle stesse protagoniste con discrezione ma con gli occhi illuminati, come in un niente affatto malizioso passaggio in cui Giovanna Ralli racconta di un bacio scenico che superò di gran lunga la finzione. I racconti artistici di Ornella Muti e Andrea Ferreol trasudano di affetto e ammirazione. Con la Muti, oltre al capolavoro “Romanzo popolare”, Tognazzi girò “La stanza del vescovo” tratto dal libro di Piero Chiara. Autore straordinario poco valutato oggigiorno, Chiara diede i natali ad altri libri-film come “Venga a prendere il caffé da noi” (titolo originale: “La spartizione”), “Il piatto piange”.

Nel documentario si aprono altri commossi diari di Alessandro Haber, Pupi Avati e Marco Risi, che cita una battuta di Abatantuono: “Diego dice spesso, nelle sue interviste, che la scena tra i due pugili suonati (‘La nobile arte’, episodio dal film ‘I mostri’ diretto nel 1963 da Dino Risi) con Tognazzi e Gassman dovrebbe vincere un Oscar all’anno”.

Una frase ricorrente pronunciata dai protagonisti della “Voglia matta di vivere”, titolo ispirato a “La voglia matta” di Luciano Salce, che fu un altro dei sodalizi sanguigni di Tognazzi, è: “Ugo mi ha cambiato la vita”. Lo ha fatto anche con noi suoi fan, cambiandocela in meglio tra risate e malinconia.

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