E’ ORA DI FARE IL FUNERALE ALLA LETTURA

Transeunte. Ci vuole una bella faccia tosta a incominciare un articolo con questa parola. Se tuttavia perdonerete la presunzione, c’è il caso di scoprire che, per una volta, si tratta della parola giusta al momento giusto. “Transeunte”, lo ricordo per i pochi distratti, in filosofia indica ciò che essendo soggetto al divenire è destinato a finire. In parole più spicce, vuol dire che una certa cosa, nel tempo, è destinata a passare e dunque in qualche modo a scomparire. Transeunte, se ci guardiamo attorno, è quasi tutto. Noi umani siamo transeunti a più non posso, lo sappiamo bene, ma anche cose all’apparenza più solide, come i mari, le montagne, le galassie e il rovescio di Sinner, dato il tempo necessario, finiranno per appartenere alla categoria.

Transeunte è aggettivo che si applica a molte attività umane, un tempo comunissime e oggi dimenticate: l’addetto ad accendere i lampioni a gas pensava di avere il posto fisso, fino a quando non è arrivato Thomas Edison. Il progresso non fa prigionieri e di conseguenza nessuno si sposta più col dirigibile, legge l’ora con la meridiana e guarda Marzullo in televisione.

Ci sono però abitudini che tendiamo per istinto a considerare incorruttibili. Una di queste abitudini, per chi ce l’ha, è quella della lettura. L’idea che in un futuro indeterminato, ancorché prossimo, nessuno legga più libri o giornali così come oggi nessuno più fa il burro in casa lavorando di zagola, risulta inconcepibile. Forse perché la scrittura è l’invenzione che ci ha permesso finalmente di registrare e documentare l’avventura umana, diamo per scontato che la lettura sia l’indispensabile strumento di decrittazione della nostra esistenza. Senza il binomio scrittura/lettura la presenza dell’uomo nel cosmo ci parrebbe ancora più solitaria e priva di scopo.

Purtroppo invece dobbiamo farcene una ragione: anche la lettura è transeunte, o almeno da qualche tempo dà allarmanti segni di esserlo, al punto che c’è da sorprendersi che qualcuno di voi sia arrivato a questa riga.

Bisogna precisare che, come è ovvio, l’abitudine alla lettura non scompartirà nei lettori di lungo corso. Chi, come noi, legge da una vita, continuerà a farlo, ma sarà guardato con la stessa perplessità con cui il gommista considera il maniscalco.

L’allarme viene dal fatto che anche negli ambienti in cui la lettura dovrebbe darsi per scontata, di fatto si legge sempre meno. Lo ha notato Jonathan Bale, docente di letteratura inglese a Oxford: invece di tre romanzi alla settimana, ha notato, gli studenti oggi a malapena ne finiscono uno ogni tre settimane. Nelle scuole e perfino nelle università italiane molti professori metterebbero la firma se i loro pupilli si presentassero ogni tre settimane con la richiesta di un nuovo libro, ma il dato britannico resta significativo: se non a Oxford, dove si dovrebbe leggere con avidità?

Ma Bale spiega che le vetuste mura di quella solida istituzione non sono impermeabili alle infiltrazioni del mondo digitale: “L’uso degli smartphone” ha osservato, “diminuisce la durata dell’attenzione”, appena sufficiente, ormai, “per video di sei minuti su YouTube e iniezioni istantanee di dopamina su TikTok”. Segnali simili, e perfino più inquietanti, arrivano dall’America, dove si fa notare come i ragazzi che bussano alle porte degli atenei non sappiano leggere più di un qualche raffazzonato riassuntino. E da noi? Peggio che andar di notte, forse perché con il rifiuto della lettura ci siamo portati avanti, incominciando ben prima dell’avvento degli smartphone. Nel 2023, dice l’Istat, il 70 per cento di bambini e ragazzi tra i 3 e i 19 anni non ha mai messo piede in biblioteca (forse perché non sa leggere la targa sulla facciata che la identifica per tale) e, vien da aggiungere, ben difficilmente lo stesso 70 per cento si è fatto sorprendere in libreria, dove i volumi osano perfino farteli pagare.

Insomma, un crollo, un ritirarsi dell’onda culturale che lascia allo scoperto una battigia desolata, sulla quale sorgono perfino bastioni gloriosi e ora abbandonati come, appunto, gli edifici universitari di Oxford.
Non più lette, e dunque presumibilmente presto neanche più scritte, le lingue finiranno per essere solo parlate, o meglio straparlate: nei video di YouTube dove, si sa, il congiuntivo muore e la consecutio temporum agonizza.

Ma forse è presto per condannare, insieme alla lettura, anche la scrittura: la pratica desolante dell’autopubblicazione di libri continuerà probabilmente indisturbata. Senza alcuna speranza di allevare nuovi lettori, si capisce, ma con l’inevitabile risultato di gonfiare molti ego. Che poi ritroveremo belli freschi a vantarsi su TikTok.

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