Esiste una specie di sottoprodotto della storia: una substoria, semplificata, stupidizzata, talora anagrammata, che pare dominare i cataloghi delle case editrici e, soprattutto, l’informazione online, da diversi anni in qua. Questa substoria si muove per luoghi comuni, per vulgate, per sentito dire, per fonti inverificate: eppure piace, attecchisce, prospera. E’ quella visione secondo cui il bene sta di qua, il male sta di là e tutti i grandi della storia hanno passato il loro tempo a proclamare immortali apoftegmi, ad uso dei posteri.
Una delle vittime sacrificali di questo barbarico sistema di raccontare la propria memoria storica è sicuramente stata la Democrazia Cristiana: le forze congiunte della Dizinformacija e dell’analfabetismo multilaterale ne hanno, per così dire, tratteggiato un’immagine tanto grottesca e caricaturale quanto impietosa. Così, oggi, passa l’idea di una DC fatta solo di grands commis e di boiardi di Stato, determinata a conservarsi il potere, se necessario a suon di bombe, e rappresentata come un verminaio in cui tutti si lisciano e tutti si pugnalano, per i propri sporchissimi interessi: il “ragno nero” disegnato da Andrea Pazienza, se capite cosa intendo.
Viceversa, la Democrazia Cristiana è stata anche molto altro: ha avuto, è vero, protagonisti ed episodi poco luminosi, ma la sua storia è una storia articolata, variegata, contrastante e, per molti versi, nobile. Le sue molteplici anime, da quella conservatrice tout court a quella più spregiudicatamente (dati i tempi) progressista, ci parlano di un movimento politico complesso e tutt’altro che monolitico, che ha attraversato anni terribili e ha conosciuto un predominio molto lungo e molto variabile nelle sue manifestazioni e nei suoi fiancheggiatori. Il colpo di grazia di “Mani pulite” è stato tutt’altro che un redde rationem: mano a mano che passa il tempo e che i sentimenti della prima ora si affievoliscono, viene fuori una realtà assai diversa da quella iniziale, coi sostituti procuratori eroi e la prima Repubblica marcia e corrotta. Si comincia a capire che l’indipendenza tra i poteri dello Stato, in quel caso, si è rivelata una favoletta per i fessi.
Sia come sia, la DC non meritava l’oblio e la maledizione del Paese e, tampoco, non meritava degli eredi che ne rappresentassero questa miseranda caricatura. Certo, i democristiani ne hanno fatte anche loro di cotte e di crude: dal finanziamento illecito di Citaristi alle tangenti, dal trattato di Osimo alla sudditanza americana, fino a Stay Behind, fino alle trame eversive. Ma non dimentichiamoci la Resistenza e la ricostruzione, Mattei e Pittoni, il gran mistero e il gran dimenticato, l’averci salvato da Mosca, l’averci dato una maggior civiltà, una miglior democrazia, una Costituzione che, per quanto imperfetta, ci ha traghettato nel terzo millennio. E, poi, la riforma agraria nel Sud, il progetto delle case popolari. E perfino i protagonisti di questa epopea democristiana non furono di un’unica tinta, ma ebbero i loro bravi chiaroscuri: nepotisti e calcolatori, come De Gasperi, oppure tortuosamente diplomatici, come Andreotti, inclini a svoltare a destra, come Scelba, o a sinistra, come Fanfani, oppure un po’ di qua e un po’ di là, come Moro.
Così, l’iperconvegno romano sugli ottant’anni della DC, che si terrà il 20 giugno, con Galli Della Loggia, Giovagnoli, Schiavone, fortemente voluto dall’ex ministro Zecchino, sarà solo il prologo di un ambizioso triennio di studi e di ricerche sulla storia democristiana, con lo scopo evidente e lodevole di sottrarre un altro pezzettino di memoria nazionale alle ipocrisie vulgatare e al becero qualunquismo da social. Naturalmente, il rischio è che si passi dalla vulgata alla Leggenda Aurea, e che la Democrazia Cristiana, da sentina di tutti i mali, ruolo che certamente non merita, si trasformi in un’Arcadia nostalgica, in un’età dell’oro, che non fu.
La storia è storia: ha le sue regole, le sue capriole e, spesso, i suoi capitomboli. Io dico che, in ogni caso, è meglio studiarla troppo che troppo poco, e un’operazione di ricerca, sia pure con qualche interesse trasversale al suo interno, è sempre meglio che abbandonare il giudizio storico ai sicofanti o ai ciarlatani. Staremo a vedere. Ma che la DC, prima o poi, fosse destinata a un’ampia revisione della propria immagine storiografica era nell’aria. Ben vengano, dunque, questi tre anni democristianizzanti: in confronto alla Salis o a Vannacci, stiamo comunque parlando di autentici titani.