E NOI DOVREMMO CREDERE AL DIALOGO CON QUESTI BOIA

di LUCA SERAFINI – Le donne afghane dipinte da Shamsia Hassani sono senza bocca e hanno gli occhi chiusi, perché “non hanno nulla di buono da guardare, tanto meno il loro futuro, ma ciò non significa che non possano vedere”. La sua street art sparirà presto dai muri di Kabul, dove – dicono – Shamsia sia nascosta al sicuro in un luogo segreto.

Basterebbe questo per capire che le promesse dei talebani sono un’effimera speranza, dietro cui nascondersi dopo la loro riconquista dell’Afghanistan. I capi di Stato europei e Biden parlano, parlano, parlano, e insieme con loro storici, opinionisti, reduci e giornalisti, alcuni di loro se non altro sono ancora laggiù, tra la polvere e la paura in mezzo a cooperanti e volontari. Eroi abbandonati. Anche i talebani parlano, parlano, parlano, sorridenti, seduti sulle poltrone del Palazzo del Governo e armati fino ai denti. Anche questo basterebbe per capire come il dialogo sia una chimera, un altro comodo nascondiglio dietro cui nascondersi noi in giacca e cravatta e loro in mimetica. Trump lo ha fatto (rimaneva qualcos’altro da fare, quando la ritirata era già stata pianificata da Obama e il destino era compiuto?), firmando un trattato di pace su un aeroplanino di carta oggi in volo chissà dove, disperso e sicuramente già bruciato tra fumo, sangue e trincee spazzate via dalla storia retrocessa di 20 anni. Venti inutili anni di ricostruzione crollata, sbriciolata come uno scheletro consunto in questi giorni di resa.

Circola un video in cui Haji Mullah Achakzai, capo della Polizia della provincia afgana di Badghis nei pressi di Herat, è stato brutalmente giustiziato dagli “studenti coranici” per aver combattuto a lungo fianco a fianco con le forze fedeli al governo di Kabul sostenuto dall’Occidente. L’uomo è stato bendato, inginocchiato e ucciso. Il consigliere per la sicurezza afghano Nasser Waziri, che conosceva personalmente Achakzai, ha confermato l’autenticità del filmato a Newsweek. Le immagini sono state verificate anche da altri agenti di Polizia ed ex funzionari del governo, secondo Waziri. Gli insorti da tempo davano la caccia ad Achakzai, che ha combattuto a lungo i talebani: “Era circondato e non aveva altra scelta che arrendersi la scorsa notte”, ha spiegato nei giorni scorsi Waziri. “I talebani hanno preso di mira Achakzai perché era un alto funzionario dell’intelligence” (Fanpage.it).

Le immagini di uomini e donne bendati, bendate, inginocchiati, inginocchiate, giustiziati, giustiziate, non ci fanno quasi più effetto, come i ghiacciai che si sciolgono scoprendo la roccia o si spezzano al Polo, come l’Europa che brucia, come il mondo che circola con le mascherine, come i tormenti di Haiti maledetta, e la fame, la disperazione random tra Africa, Asia e Sudamerica. Miserie umane, miserie naturali, miserie senza argine e senza più parvenza di difesa.

Quale dialogo? Quali dialoghi? Tutto quello che è riconducibile alla civiltà, al “dialogo”, è ormai solo la coscienza di ciascuno di noi, è il piccolo grande patrimonio della gente, perché le potenze, i governi, la politica, la diplomazia, sono scomparsi sotto ai nostri piedi senza lasciarci più terra per vivere e camminare. In pace e con quanto ci basta. Ma nemmeno dopo quel lockdown surreale in cui siamo stati tutti – nessuno escluso – in guerra e carcerati sui divani, abbiamo capito a fondo la pace e il necessario: il popolo si è ributtato immediatamente nelle risse e sul superfluo, ancora con il virus addosso. La storia insegna ma non ha scolari, diceva Gramsci, facendoci cadere la braccia un secolo fa.

Non è mai stato possibile “dialogare” con dittatori, sanguinari, despoti nel pieno esercizio delle loro funzioni. Mai. Figurarsi adesso, tronfi dall’essersi ripresi il maltolto dopo decenni di invasioni, guerre, attentati, terrorismo, repressione, omicidi. Ho sentito Alberto Zanin, domenica mattina in diretta su SkyTg24, dire che l’organizzazione per cui lavora in Afghanistan (Emergency) ha stabilito un contatto con il ministro della salute del nuovo governo talebano: “Ci hanno garantito che ci lasceranno lavorare e che anzi collaboreranno con noi”. Qualsiasi Dio ci sia lassù, Alberto, fa’ che ti ascolti, ma devi pregare molto però. E crederci ancor più che in quello stesso Dio, perché la nostra carne è esausta di fatica e di speranze dissolte.

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