E MENTRE DISSERTIAMO SUL LOOK DI ACHILLE LAURO, RAYAN E’ LAGGIU’ IN FONDO AL POZZO

Rayan come Alfredino Rampi. Quarantuno anni dopo Vermicino, un’altra piccola vita incastrata in un cunicolo largo 30 centimetri e sospesa tra esserci ancora e non esserci più.

Come allora un intero Paese in attesa e in apnea. Un Paese unito, davvero unito in questa circostanza, una di quelle che mettono a tacere tutte le piccolezze e le banalità del vivere quotidiano. I popoli a volte sono così, riescono a spazzare via per qualche istante tutto il superfluo per rimanere aggrappati a ciò che conta e che tocca tutti indistintamente.

Il mondo delle coincidenze a volte è bizzarro, come allora un bambino di cinque anni, come allora trenta e passa metri di profondità, come allora un nulla per giungere alla meta, un nulla mai così infinito. Ricordo nitidamente quei giorni, non potrei dire che letteralmente non si parlasse d’altro, ma Alfredino c’era sempre e la domanda ricorrente era sempre dietro l’angolo: si sa qualcosa?

La TV per la prima volta ci tenne aggrappati a quella storia senza interruzione. Allora, come oggi in Marocco, non ci si voleva credere, non poteva finire male. Pochi centimetri, poco più di un metro e una pietra che intralcia a decidere il destino di Rayan, e tutti a sperare che a differenza di Alfredino ce la faccia. I soccorritori sono arrivati a pochissima distanza da lui, dopo giornate di scavi, si prega perchè il piccolo resista. Ancora si muove, il papà dice che ha anche parlato, ma è ormai esausto e debolissimo.

Fa arrabbiare e fa imprecare pensare all’intraprendenza dell’uomo per volare nello spazio e contemporaneamente a quella piccola vita appesa a un filo pochi metri sotto la superficie terrestre, alla difficoltà per non farselo sfuggire quel filo, al punto da dover usare le mani per scavare e continuare a sperare.

I popoli si uniscono in queste occasioni, anche se sappiamo che dura poco, poi ognuno torna alle sue tribolazioni, per lo più ridicole a confronto, oppure al dibattito su Sanremo o alle sgambate defaticanti dopo le vacanze romane per l’elezione del Presidente. Ci fosse un Tg del servizio pubblico che in queste ore sacrifica un minuto delle mezz’ore dedicate a Sanremo per aggiornarci sulla terribile lotta di Rayan.

D’altra parte, la nostra storia è zeppa di eventi che avrebbero dovuto rimettere tutto in prospettiva e proporzione, ma sappiamo che non funziona in questo modo, basta la serata finale di Sanremo, la vittoria agli Europei e tutte le magagne vengono spazzate sotto il tappeto, che sia mafia, istruzione, ruberie, e quel che ognuno vuole metterci. Fu così anche nel 1981, l’anno di Vermicino, pur senza che questo abbia diretta attinenza con quell’evento: un anno dopo vincemmo i Mondiali di calcio e all’improvviso dimenticammo gli omicidi di mafia, il funesto decennio che ci eravamo lasciati alle spalle e ci incamminammo, coincidenza, verso anni lastricati di superficialità e disimpegno.

Ma in fondo non ci sono cose intelligenti e originali da dire in queste occasioni, si sta davvero col fiato sospeso, come in una bolla, aspettando di risalire tutti in superficie, assieme a Rayan, restituiti all’aria che speriamo riempita di urla di gioia e non di mesto silenzio, stavolta.

ARTICOLO IN AGGIORNAMENTO, SPERANDO DI AGGIORNARLO CON IL LIETO FINE.

 

ORE 17: Secondo quanto rivelano alcune fonti marocchine, i soccorritori sarebbero ormai vicinissimi al punto in cui da 5 giorni è bloccato il piccolo Rayan. L’intenzione è quella di riuscire a prelevarlo entro questa sera.

Nell’indifferenza dei notiziari televisivi, nella quasi totale indifferenza dei teorici della società globale che vorrebbero farci credere che tutto il mondo è dietro l’angolo e Tamorot (luogo della vicenda) vale quanto Beverly Hills, Rayan è vicinissimo alla salvezza, anche se nessuno può davvero dire in quali condizioni si trovi.

Il nostro pensiero è tutto riposto nella speranza che il parallelo con la vicenda italiana possa spezzarsi prima del momento fatale, con un finale tutto diverso..

 

 

 

 

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