di CRISTIANO GATTI – A questo punto però dovremmo anche capirla: noi italiani non c’entriamo nulla con il referendum. Non siamo fatti per il referendum, il referendum non è fatto per noi. Da queste parti l’adesione a qualche partito, a qualche parrocchia, a qualche corte proprio impedisce il sereno e civile pronunciamento su una questione particolare, fosse la riforma del titolo quinto o la riduzione dei parlamentari. Cioè: magari la storia nasce così, facciamo i pavoni dicendo che in questa democrazia matura certe modifiche importanti richiedono il pronunciamento decisivo del popolo, proprio un bel parlare al modo dei Gramsci e dei Don Sturzo, ma poi si finisce sempre in testacoda e si va via per la tangente.
E’ una cultura democratica da Palio di Siena, la nostra. Ogni contrada bada soltanto a vincere, in tutti i modi, ma se vincere è impossibile, allora la cosa fondamentale è far perdere quello o quell’altro.
E’ andata così per il referendum di Renzi: nato con un travaglio e con delle doglie di anni e anni, alla fine si è risolto in un quesito per niente nuovo e originale, stai con Renzi o contro Renzi, ci teniamo Renzi o mandiamo a casa Renzi?
Neanche a dirlo, pure stavolta: con il passare dei giorni, ormai ci troviamo in piena campagna elettorale, come fossimo a due settimane dalle politiche, con mezza Italia che nemmeno si pone il dilemma sul numero dei parlamentari, se ridurlo sia utile e giusto oppure inutile e demagogico, no, il tema non è più questo, non importa proprio, la mobilitazione è su Di Maio: tenercelo o mandarlo a casa una volta per tutte? C’è persino chi si dichiara per il sì, ma la sola idea che questo sì coincida con quello dell’odiato Di Maio lo fa subito schierare per il no.
E’ evidente: a noi il referendum non importa nulla. Non è nelle nostre corde. D’altra parte molti di noi, in assemblea condominiale, teoricamente sono per cambiare le luci delle scale, ma siccome l’ha proposto il ripugnante geometra del quarto piano col cavolo che voto a favore. Preferiamo vivere al buio e piegare il nemico, piuttosto che ignorare il nemico e votare per il meglio, per ciò che davvero noi con la nostra testa riteniamo il meglio.
Che non fossimo molto svizzeri, quel genere di elettorato che magari fatica a distinguere i partiti, ma che sulle luci dei lampioni e sui tombini dei marciapiedi si schiera deciso, senza secondi fini, senza disegni nascosti, che non fossimo così pragmatici l’avevamo capito da subito. Ma che proprio non si riesca nemmeno una volta a stare sulla questione nuda e cruda, ridurre i parlamentari sì, ridurre i parlamentari no, questo è il segnale ultimo e definitivo. Non è cosa per noi. E amen.
Se fossimo persone serie, ce ne concederemmo ancora uno, uno soltanto: referendum sull’abrogazione del referendum. Si cancella una volta per tutte e non se ne parla più. Almeno possiamo tornare tranquilli alle nostre guerre tra bande. E i Renzi e i Di Maio li mandiamo a casa alle elezioni, se ne siamo capaci.