E IN CAMPO DOMINA IL FAR PLAY

I disordini di Roma. Dove non si scrive dell’assalto alla Cgil ma delle scene finali di Lazio-Inter.

Tumulto, rissa, aggressioni, insulti, minacce. E le forze dell’ordine, nel senso di arbitro? Mute, muto, nemmeno una manganellata, ma una semplice carezza con cartellino giallo esibito come una bandiera. Alla faccia delle mascherine e del distanziamento, tutti assieme, uno sull’altro, sputi e affini, pugni chiusi sul muso dell’avversario, altri giacenti, stramazzati sul prati dell’Olimpico, altri che zompano addosso al malcapitato goleador.

In fondo non è successo nulla, certe cose accadono in campo poi tutto finisce lì: è il ritornello che piace tanto ai facinorosi in calzoncini e maglietta sponsorizzata. Hanno pelle macchiata da tatuaggi, portano monili vari, hanno la tartaruga sul petto e qualche formica nel cervello, con quel fisicaccio sfidano il mondo ma poi, al primo contatto, cadono come corpo morto cade, ma qui non c’è Dante e nemmeno Caronte o la Francesca, trattasi semplicemente di un contatto o contrasto di gioco, dicesi tackle, ma si trasforma in un colpo mortale, non si segnalano sirene di ambulanze, ricoveri in codice rosso, l’accasciato è risorto dopo secondi dieci, il resto è polvere sollevata da eroi farlocchi.

Nulla sarà come prima. Infatti è peggio.

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