E’ IDIOTA PENSARE DI BATTERE I TALEBANI

di MARCO CIMMINO – Spiace dirlo, ma gli Statunitensi sono proprio un tantino limitati. L’Afghanistan è lì a dimostrarlo. Non soltanto sono del tutto privi di qualcosa che si possa, in qualche modo, definire tradizione storica, ma non sono neppure capaci di trarre degli insegnamenti da quel poco di storia che hanno direttamente sottomano: non imparano, insomma. Non si tratta di mancanza di sensibilità o di fantasia: si tratta proprio di non sapere fare uno più uno due.

Facciamo un esempio: qualche anno fa, Hollywood, ovvero il cuore pulsante del pensiero americano, produsse uno di quei filmoni epocali, in cui storia e buoni sentimenti si mescolano in un minestrone formidabile. Si intitolava: “The Patriot”. Il patriota in questione, interpretato da Mel Gibson, era un ex ufficiale coloniale, stile Washington, dapprima piuttosto indifferente alla causa dell’indipendenza e poi, per ragioni, diciamo così, personali, convertito alla fede a stelle e strisce. La sua guerra privata contro il crudele oppressore inglese ha successo perché si basa su presupposti logistici e operativi vincenti: pochi uomini, conoscenza perfetta di un terreno altrimenti ostile, tattica del mordi e fuggi, vie di fuga sicure, imprevedibilità e guerriglia.

Come dite? Vi ricorda qualcosa? Il Vietnam? Esatto: ricorda proprio il Vietnam. Vien da dire che, se avessero visto “The Patriot” all’inizio degli anni Sessanta, i generali USA non si sarebbero mai invischiati in quella guerraccia, che non avrebbero mai potuto vincere, combattendola secondo le regole dei loro avversari. Vabbè: poi, lo stesso Mel Gibson ci avrebbe messo una pezza con un altro film, ma il risultato non cambia.

Il problema è che, con l’Afghanistan, hanno commesso lo stesso errore: e, stavolta, il polpettone patriottico era già in circolazione. Se si fossero presi la briga, non si dice di sciropparsi il film, ma anche solo di leggersi un paio di libri di storia, avrebbero subito capito che un invasore in Afghanistan non può vincere. Certo, può occupare militarmente il Paese, può spingersi coi suoi avamposti fino alle pendici delle montagne: può monitorare, bombardare, colpire con droni ed elicotteri d’assalto villaggetti e accampamenti, ma non può vincere. Perché, prima o poi, dovrà levare le tende, dati i costi enormi di un’occupazione irrisolta: e, allora, gli Afghani scenderanno dalle montagne e si riprenderanno le città.

Funziona così una guerra in Afghanistan: ha sempre funzionato così. E’ stato così nelle tre guerre anglo-afghane, nel 1839, nel 1878 e nel 1919. Non è cambiata la solfa neppure nella più recente guerra combattuta contro le milizie nazionaliste dalla potente e feroce URSS, tra il 1979 e il 1989: i russi non sono riusciti a spuntarla e sono tornati a casa con in tasca il pacco delle virtù bolsceviche, lasciando campo libero a una terribile guerra civile, durata, in pratica, fino all’arrivo degli americani e dell’ISAF, nel 2001.

Nel frattempo, in Afghanistan si erano affermati i Taliban, contro cui hanno combattuto le truppe che avevano già lottato contro i sovietici, come gli uomini di Massud: all’interno di questa lotta per il potere fra Mujaheddin e Taliban, sono entrati a gambatesa gli occidentali, con le forze ISAF, che, adesso, dopo vent’anni, hanno capito che non si cava un ragno dal buco e che conviene tornarsene a casina. Lasciando, per l’ennesima volta, gli afghani alle prese con una guerra civile post-invasione.

Non è l’unico errore clamoroso compiuto dagli USA in questo settore: la creazione di al-Qaida, in chiave antisovietica, si è rivelata un’altra discreta idiozia. E’ che l’Afghanistan è così: una miniera d’oro che, ogni volta che qualcuno cerca di sfruttarla, si trasforma in un girone infernale: ne ha detto mille volte meglio di me il bravissimo Gastone Breccia, in un libro che si intitola “Le guerre afgane” e che rappresenta un bibbia, per chi volesse saperne di più.

Quanto agli statunitensi di cui sopra, dato che certi libri, evidentemente, non li leggono, mi viene solo da suggerire loro di non guardare “Rambo III”, la prossima volta che gli viene la voglia di fare sfracelli in territori abitati da gente combattiva e logisticamente incontrollabili. Semmai, si potrebbero guardare proficuamente “Waterloo”. E noi con loro, purtroppo.

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