E’ GIA’ CAOS&STRESS, ARIDATECE LO SMART WORKING

Andrà tutto bene. Ne usciremo migliori. Più grandi le crisi, più grandi le opportunità. Questa lezione ci deve servire.

Sono stato tra i sostenitori di questa campagna da lockdown, prima intima nel silenzio delle mura domestiche poi pubblica a spray sui muri dei media. Frullato psicologico inventato dagli ottimisti, dai fedeli credenti non necessariamente in qualche dio. Tra le molte sconfitte del caso che annovero un anno dopo, vado all’incasso di quella del lavoro da remoto: lo smart working, una delle nostre ciambelle di salvataggio più credibili e che apparve nitida nei suoi colori tra i molti miraggi post pandemici.

Il traffico, rarefatto e infine annientato, consentiva di respirare meglio, di andare alla scoperta dei mezzi pubblici o di quelli salubri alternativi che non starò qui a distinguere adesso tra elettrici o a pedali. Soprattutto, ci regalava quell’ora in più o addirittura due da sommare al tempo libero. Che so: i figli, la famiglia, l’amica, l’amante, un libro, un film.

Contrordine truppe: treni stipati, mezzi pubblici solo nelle ore di punta; strade ancor più affollate del 2019 nella rincorsa alla crescita e dello sviluppo; le code sulle tangenziali, sulle circonvallazioni, sui raccordi anulari, le autostrade, i vicoli, le piazze, sono più lunghe, più statiche, più esasperanti di prima. Nonostante, o a causa, anche delle piste ciclabili fiorite come d’incanto e perché su molti tratti di asfalto urbano o extraurbano, i lavori non finiscono mai e in compenso ricominciano sempre. Ogni giorno, ogni minuto. Tranne che per coprire le buche di Roma.

E’ il fallimento di quel “remoto” da cui soltanto la scuola poteva naturalmente uscire vittoriosa, rinunciandovi e riportandolo in soffitta. Senza stare a fare l’inutile elenco di chi è perduto se si ferma, come i commercianti, gli autotrasportatori e tutti quei lavoratori che se non circolano e se non presenziano, non mangiano, conviene prendere atto che lo smart working ha bruscamente interrotto la sua vorticosa scalata, ridando fiato a uffici e automobili per lo più occupate da un solo passeggero. Non vi rinunciano né le pubbliche amministrazioni, né le grandi e medie aziende, né – d’altra parte – chi si è convinto che lavorando da casa, prima o poi ci viene lasciato a tempo indeterminato, senza stipendio e senza impiego. E’ un sottile, ma giustificabile e radicato timore psicologico di cui conosco almeno una dozzina di sofferenti.

Con buona pace della riduzione di CO2, rieccoci qui con Fantozzi e Filini seduti tutti alla scrivania.

In un illuminato post sul suo profilo LinkedIn, lo specializzato collega e amico Dario Donato se ne occupa sostenendo – tra l’altro – che delocalizzare ruoli come quelli dirigenziali svuotano la figura del suo stesso significato di controllo: “La rivoluzione dei modelli di business è stata fatta per necessità (pensiamo alle vendite online), ma quella del modello organizzativo pare proprio di no”.

PWC, azienda specializzata in revisione dei conti e consulenze legali e fiscali, ha annunciato di recente l’apertura nei confronti di 40.000 dipendenti negli USA: alternanza di lavoro da remoto – dove vogliono – e in sede (capienza 60%) fino al 2023, con stipendi adeguati e nessun freno a promozioni o aumenti di livello. Dario Donato nel suo post cerca proseliti tra le aziende: un appello che sottoscriviamo e diffondiamo volentieri, se davvero può a aiutarci a migliorare vita, abitudini e… clima.
 

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