E’ DURA ANCHE MORIRE, DA ULTIMI

di GHERARDO MAGRI – Le foto choc delle fossi comuni di Hart Island a New York hanno fatto il giro del mondo. Perché sono parole che ci evocano subito gli orrori dei tanti Auschwitz di tante nazionalità, di tante epoche, dove è successo quello che è successo.

Ci viene da collegare in modo istintivo queste immagini a quelle dei camion militari che trasferiscono le bare da Bergamo in altre città italiane. Verrebbe facile tirare dei giudizi sommari.

Ma è un ragionamento superficiale, invece, per tanti aspetti.

Innanzitutto la storia legata all’isola, che risale addirittura alla guerra di secessione americana, quando era una prigione per i soldati sudisti, poi diventata un lazzaretto per i tubercolotici, un manicomio, un ospedale, un sanatorio. Fino a contare un milione di invisibili, i “no name” come dicono loro. Quindi, non una nefandezza dei giorni nostri, ma un luogo storico che ha accolto i derelitti di ogni specie, che qui hanno trovato la loro pace.

La notizia vera, allora, è se mai che in pochi sapevamo, o ci aspettavamo,  che ci fosse qualcosa del genere nella Grande Mela, conosciuta nel mondo per le sue mirabolanti meraviglie.

Veniamo all’Italia, facciamo un piccolo approfondimento. I nostri invisibili hanno un trattamento molto diverso da quelli americani? Abbiamo il vantaggio di non avere un luogo così ben identificato e di non essere finiti in prima pagina, ma cosa ne sappiamo dove finiscono i cosiddetti indesiderabili in Italia, quando muoiono?

Scopriamo che a Roma, per esempio, l’azienda che si occupa di loro è la stessa che organizza la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Suona molto umanitario, vero? Si fa quello che si può, più o meno ogni città ha le proprie regole. Dobbiamo ringraziare soprattutto le organizzazioni umanitarie laiche o religiose che si prodigano per dare una degna sepoltura agli ultimi, come da cristiana definizione. E ci mettono sempre una pezza. Sì, perché anche se si riuscisse a identificare qualche familiare del defunto, non ci sono mai i soldi per pagare un funerale.

Le fredde statistiche dicono che in Italia i corpi non identificati e non reclamati sono intorno ai 3.000, in aumento (dal primo registro ufficiale istituito nel 2007). Rimangono dimenticati negli obitori e nelle celle frigorifere degli istituti legali in (vana) attesa di riconoscimento, per poi finire anonimamente nelle nostre sparpagliate Hart Island, che corrispondono semplicemente ai cimiteri.

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