DIVETTE D’OGGI, GUARDATEVI TECHETECHETE’ DI RAFFA E IMPARATE QUALCOSA

di ELEONORA BALLISTA – La notizia della morte di Raffaella Carrà è arrivata alle redazioni dei media, tramite agenzie di stampa, alle 16.40 di ieri pomeriggio. C’è stato quindi tutto il tempo per ripensare la struttura dei quotidiani in modo da dedicarle una doverosa prima pagina.

Anche la tv ha rapidamente modificato i propri palinsesti per celebrare un’icona vera del nostro tempo.

Siamo in quel periodo dell’anno in cui la Rai, come preserale, propone una trasmissione che io trovo meritoria: “Techetechetè”.

Ieri sera la puntata era completamente dedicata alla Raffa nazionale. Un collage dei suoi balletti più noti, delle canzoni che tutti, ma proprio tutti, abbiamo cantato, dei suoi abiti coloratissimi e, a tratti, esagerati, confezionati, per sua stessa richiesta, sempre e soltanto da costumisti del servizio pubblico. Occhi grandi, sorriso ampio e caschetto perfetto, firmato Vergottini (i parrucchieri milanesi), come fil rouge della mezz’ora (ma ci sarebbe stato materiale per una programmazione di 10 ore ininterrotte) a lei dedicata.

Ma perché l’incursione nelle Teche Rai sarebbe meritoria? Perché scava negli archivi della televisione mandando in onda spezzoni di trasmissioni più o meno antiche, spesso in bianco e nero, che i giovani non hanno mai visto.

E mai avrebbero potuto vederle perché si tratta di programmi che non sono più stati riproposti.

Ma è proprio guardando tali frammenti, spesso giudicati giurassici, che i più attenti fra i millenial possono cogliere i prodromi della televisione attuale, scoprendo che, in fondo, non è stato inventato proprio niente di nuovo.

Penso e ripenso, ma non mi viene in mente un’erede per Raffaella Carrà. Forse al momento non c’è.

E chissà che fra le soubrette (che adesso non si chiamano più così… ma come si chiamano?) attuali non ci sia qualcuna che, facendo tesoro del patrimonio degli archivi Rai, concesso in pillole tutte le sere, possa trarre spunto e insegnamento.

Non tanto per copiare, ma per fare propri quell’entusiasmo e quella carica vitale che una donna di spettacolo come Raffaella Carrà aveva, naturalmente, nel suo Dna.

 

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