DISPENSARE VAFFA, PRETENDERE SERVILISMO

di GIORGIO GANDOLA – Vietato inquadrare le scarpe. Nel decalogo che Beppe Grillo ha stilato per consentire la partecipazione dei politici a cinque stelle ai talk show, questo è il punto fondamentale: non si devono vedere i calzini di Di Maio, le birkenstock della Taverna, le galoche di Toninelli mentre scava il traforo del Brennero. I registi dei programmi potrebbero ribattere che, ragionando loro con i piedi, è fondamentale inquadrare la fonte del pensiero. Ma sarebbe irrispettoso, meglio evitare.

Rimaniamo sul pezzo e sull’uscita dadaista del guru politico del movimento che si è svegliato una mattina e, bella ciao, ha deciso di buttare giù qualche regola da imporre alle televisioni per proteggere dalla telecamera impertinente i suoi ragazzi in marcia. Ecco le principali, pensiamole scandite in stile Luigi 14 (i numeri romani sono vietati come in Francia perché non li capirebbero):
1) Si fa divieto di accettare inquadrature spezzettate e artatamente indirizzate, 2) Si pretendono riprese in modalità singola e senza stacchi, 3) Si chiede che l’ospite grillino non venga continuamente interrotto dagli altri ospiti, dal conduttore e men che meno dalla pubblicità, 4) No a contesti da intrattenimento di bassa lega, 5) Dovrà sempre essere accordato il diritto di replica, 6) I nostri portavoce dovranno sempre essere inquadrati senza stacchi sugli altri ospiti e sulle calzature indossate, affinché l’attenzione possa focalizzarsi sui concetti.

Poiché il vero dramma sarebbe questo, alla fine Grillo sembra avvicinarsi all’autentico motivo che induce il regista a divagare sulle Church (niente sessismo, quelle da donna sono pure fetish). A noi però non interessa la fenomenologia del piede ma del grillismo, l’involuzione che ti conduce dal Vaffa liberatorio risalente dalle viscere alle imposizioni da Corea del Nord. Non inquadravano così neanche Ceausescu.

Che fosse in atto una trasformazione del Beppe da comico movimentista a burocrate del Nazareno (la famosa ottava corrente) s’era capito, ma non si poteva immaginare una simile velocità.

“Chiedo un approccio etico”, dice lui, forse senza rendersi conto che è la frase più agghiacciante del suo delirante post. L’etica sguainata come sciabola è un’arma letale, in nome dell’etica di Stato sono stati perpetrati i peggiori delitti del Novecento. Nessuno prima di lui era arrivato a tanto, solo Berlusconi produceva in proprio alcuni video e imponeva le inquadrature preferite (mai dall’alto) ai cameramen. Ma ai suoi personali, non a tutti gli altri.

Quella di Grillo è una pretesa catodica da vecchio monoscopio, sembra di essere tornati all’era Bernabei e alla calzamaglia fatta indossare alle gemelle Kessler. A meno che non sia una burla, il suo solito approccio da avanspettacolo. Un giorno si sveglia politico, un altro paraguru, un altro ancora astronauta, l’altroieri si è svegliato Garante delle telecomunicazioni.

Tranne che per i conduttori Rai di area grillina (zitti come mosche cocchiere), per gli altri, Mentana in testa, “il decalogo è irricevibile”. Per due motivi. Con un simile regolamento avrebbero in studio soltanto ospiti pentastellati e l’effetto Bucarest anni 50 sarebbe devastante. Con le mancate interruzioni pubblicitarie le Tv private non potrebbero più finanziare i programmi ed elargire compensi da rockstar a chi le presenta. Il terzo motivo lo aggiungiamo noi: non ce li vediamo proprio i Floris, i Del Debbio, le Gruber impegnati nel disciplinare in modo scolastico gli interventi, sapendo benissimo che il wrestling orale è il metodo acchiappa-audience più diffuso.

“La transizione mite impone un approccio riguardoso della persona e della sua immagine”. Anche se sembra Gava o un vescovo nell’omelia di Pasqua, è sempre don Beppe che scrive, immaginiamo con le mani giunte e il cilicio. E allora con il massimo riguardo che si deve a un uomo provato dalla vita e dalle serate a cena con Di Battista, non possiamo fare a meno di scandire: “Vaffa Grillo. Vaffa da Vipiteno a Lampedusa”.

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