DI “LINE” E DI “STAFF”

di GHERARDO MAGRI – Il fine mese nelle aziende è sempre un momento speciale. La popolazione si spacca in due gruppi ben distinti.

Quelli cosiddetti “di line” (letteralmente linea in italiano, ma con il significato più di prima linea), cioè chiunque sia responsabile di risultati operativi. Li riconosci subito da alcuni comportamenti tipo. Prima di tutto il fervore che li anima nell’analizzare i numeri. Si esaltano se gli obiettivi sono sati raggiunti, si deprimono in caso contrario. Comunque vada, glielo si legge in faccia, lo capisci dalle loro espressioni colorite e dagli sbotti alle macchinette del caffè. E’ una morte o una rinascita a cadenza mensile – dal punto di vista aziendale – intendiamoci. Non passano mai inosservati. Il fenomeno è ancora più spiccato per chi lavora nelle vendite. Assisto e partecipo volentieri ai brindisi improvvisati, o cerco di raccogliere i pezzi per lenire le sconfitte, a seconda dei casi. Non è mai una reazione normale. C’è vita ed emozione in questa fetta di colleghi. Si sentono coinvolti e protagonisti di ciò che succede in azienda e sentono in prima persona le oscillazioni delle performance. Ci vuole molto fisico e prontezza nelle reazioni.

Quelli cosiddetti di staff” (termine ormai adottato anche dalla lingua italiana, significa chi sta dietro la prima linea), cioè senza responsabilità diretta di risultati operativi, ma con funzioni organizzative spesso determinanti. A loro il fine mese dice poco. Fare più o meno del target ogni trenta giorni non li tocca molto. Guardano con più attenzione i numeri a medio-lungo termine, anche solo perché non ne devono rispondere in modo diretto così frequentemente. Si aggirano piuttosto noncuranti degli altri e si documentano con aplomb sui risultati raggiunti. Si mischiano ai colleghi di line, ma non si confondono di certo con loro. Sono apparentemente inconciliabili col primo gruppo, specialmente nell’ultimo giorno del mese. Qualche volta fanno addirittura irritare per la loro imperturbabilità nelle domande e nell’atteggiamento in generale. C’è controllo delle emozioni e razionalità in questa fetta di colleghi. Si sentono più strateghi e vivono l’azienda con interesse, ma con maggiore distacco. Ci vuole capacità di ragionamento e ottime doti di programmazione.

A parte la frenesia del fine mese e del fine anno, i migliori team aziendali sono fatti da un sapiente mix di tutte e due le popolazioni e sanno lavorare bene insieme. Chi tira per i numeri, chi mette a punto i processi. Per essere un vero leader, devi avere certamente un talento visionario che guardi sempre più in là degli altri, ma senza un’esperienza formidabile di campo che ti metta di fronte alle vere difficoltà, difficilmente riesci a guidare e ispirare la gente. Per fare carriera, tempo fa, non era strettamente necessario passare dalla “line”: potevi occupare poltrone importanti senza sporcarti le mani. Oggi no. Sono praticamente obbligatori percorsi che passano dalle vendite e dall’operatività, prima di accedere alla stanza dei bottoni. Condivido in pieno questa scuola. Una sola volta ho lavorato in staff e, devo ammettere, mi mancava il fine mese. Guardavo ansiosamente il computer per verificare percentuali, statistiche, grafici, ma non era esattamente il mio compito. I colleghi mi giudicavano strano e passavo per rompiscatole. E’ anche una questione di temperamento e di carattere.

In ogni situazione, anche nel privato, siamo costretti a comportarci come fossimo di line o di staff, senza rendercene conto. In famiglia, per esempio. Il bilancio familiare, con relative previsioni di spesa e risparmio, immersi nei fogli per far quadrare i conti, non è un tipico lavoro da prima linea? Quando programmiamo il percorso scolastico migliore per i figli, invece, non è un classico compito organizzativo da retrovia?

Assecondiamo la nostra predisposizione naturale e i “fine mese” della nostra vita saranno una passeggiata.

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