Il grande Sigmund postulò l’esistenza dell’inconscio anche a partire dallo studio dei lapsus.
Sommariamente, questi errori, piccoli inciampi nel linguaggio verbale o dimenticanze nel compiere un’azione, non sarebbero casuali, ma possono rivelare l’emergere di inaspettati e importanti significati inconsci.
Il buon maestro, avendo vissuto più di un secolo fa, non ha avuto modo di imbattersi nelle password e meno male, altrimenti tutta la teoria psicanalitica sarebbe diversa.
Io di tanto in tanto dimentico una password. È inevitabile, visto che sono obbligato ad averne tante, anzi tantissime. Alcune sono uguali, altre molto simili, altre ancora completamente diverse.
È il sistema informatico che mi chiede di cambiare di continuo, inducendomi prima o poi all’errore.
Confondo quella della posta con quella dei treni, ad esempio. Ero partito con il facile (forzainter, ovvio) poi sono passato a variabili sempre più complesse: nome del primo nipote e data di nascita della terza; nome del primo e secondo nipote, con e senza virgola; anno di nascita del secondo e della terza; mio nome seguito da cinque punti interrogativi, in un delirio di crescente complessità.
Ormai ci siamo abituati: non possiamo aprire il computer, spedire una mail, fare un bonifico, comprare un biglietto ferroviario senza prima dimostrare ad una macchina che noi siamo davvero noi. Perduta la password, inizia un percorso a ritroso dove dopo un po’ di tempo riesci a dimostrare di essere davvero tu, magari parlando a telefono con un’entita’ virtuale.
In effetti è proprio il meccanismo “sempre più password, sempre più difficili” che obbliga all’errore. Ma se invece la perdita della password fosse freudiano desiderio di perdere o modificare la propria identità? Voglia di essere altro da sé, di navigare alla deriva? O un atto politico, il radicale rifiuto di un sistema? Bah. Io sono arrivato a provare ad accendere il tablet con l’impronta digitale, confondendolo con il cellulare. Cosa vorrà dire?
Ma la cosa fantastica è che devo pure dimostrare di non essere un robot. Se no non si va avanti…
Secondo voi, tra quanto poco tempo toccherà all’intelligenza artificiale dover dimostrare di non essere uno stupido, inutile, emotivo essere umano, se vuole accedere a dati importanti?