DE LAURENTIIS, UN ANTISPORTIVO DA OSCAR

di TONY DAMASCELLI – «Lavoriamo con la federcalcio ai play off per spezzare la continuità penalizzante degli ultimi nove anni».

Parole e pensieri di De Laurentiis Aurelio, figlio di Luigi, nipote di Agostino detto Dino, famiglia di pastai rivisti e corretti nel mondo del cinematografo. Il senso dello sport, il rispetto degli avversari non fa parte o non appartiene al De Laurentiis nipote, lo dimostrano alcuni fotogrammi di archivio, strepiti volgari contro i giornalisti e contro gli altri presidenti colleghi definiti i primi come gli apparati genitali maschili, i secondi come la deiezione non soltanto di un quadrupede.

Lo stesso nipote aveva ordinato alla squadra sua, il calcio Napoli, di disertare, per protesta, la premiazione della Supercoppa persa contro la Juventus, non salendo sul palco per ritirare le medaglie d’argento, per essere poi preso a babà in faccia, qualche anno e finale di coppa Italia dopo, da Andrea Agnelli, che è andato lui stesso a premiare con medaglia al collo i trionfatori napoletani di Gattuso. Ma questi sono dettagli, pinzillacchere, il nipote soffre il cognome, suo zio è tra i rari nostri produttori cinematografici italiani ad avere portato a casa l’Oscar di Hollywood e altri riconoscimenti per la produzione di film memorabili (“La Strada”) avendo firmato per mezzo secolo la storia del nostro cinema, riconosciuto a Los Angeles.

Il nipote dello zio si è fermato a due Nastri d’argento che sono illustri ma non paragonabili alla statuetta americana. Dunque è in difficoltà, se il Napoli non ha vinto lo scudetto con Sarri e lo stesso Sarri lo ha vinto con la Juventus il problema è la Juventus. Se il dominio dura da nove anni, sarebbe arrivata l’ora, secondo il nipote dello zio, di rivedere il regolamento, il format, la formula della serie A e copiare gli americani per impedire l’egemonia di quelli là, dunque.

Si potrebbe fare lo stesso per bloccare il potere cinematografico del Paese di Trump che se la spassa nei premi Oscar distribuiti e assegnati sempre in casa yankee, fatte rarissime eccezioni alle quali, mannaggia non partecipa mai proprio il nipote dello zio. Qualcosa va cambiato anche ad Hollywood. È ora di pensarci, caro nipote dello zio.

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