DAVVERO SIAMO DISPOSTI A RIPARTIRE DALLA SCUOLA?

di DON ALBERTO CARRARA – Un po’ a sorpresa, Draghi ha tirato fuori tra i primi problemi che deve affrontare il governo in formazione, quello della scuola. Finalmente, si direbbe. Dopo tanto parlare dell’importanza della scuola, si cerca, alla fine, di fare anche qualcosa. Solo che, tra le idee che si sono lette sui giornali, per ricuperare il tempo perso con la pandemia, ci sarebbe il prolungamento dell’anno scolastico fino alla fine di giugno, la possibilità di far saltare le vacanze di Pasqua, l’eventualità di iniziare il nuovo anno scolastico con il primo di settembre. Insomma, proposte che costano, da tutti i punti di vista.

Quando le cose da fare costano bisogna trovare i motivi per farle. Se costano, infatti, non si fanno perché piace, ma perché si deve. Ora, con la scuola, sono in gioco valori enormi e costi altrettanto enormi. Valori perché ne va della formazione dei giovani, della società, del suo futuro.

Si è ripetuto spesso, anche tra un dibattito e l’altro attorno al nuovo governo, che si vede quanto una società prepara il suo futuro esattamente da come si prende cura della scuola.

Ma si parla anche dei costi enormi: si cambiano i calendari, devono adeguarsi gli insegnanti. Il contratto li prevede in servizio fino alla fine di giugno, ma un conto è fare alcune riunioni conclusive, un conto è fare quelle e, insieme, prolungare le lezioni, le verifiche e tutto il resto.

Devono adeguarsi le famiglie e soprattutto i ragazzi. Impegno pesante e da fare solo perché si deve, e si deve perché lo chiede il bene di tutta la società. Detto in altri termini: le proposte suscitano motivi di carattere morale: si fa per il bene di tutti e non per il bene mio. Il bene mio – insegnante o alunno – dice che è meglio andare in vacanza. Il bene di tutti dice che è meglio fare scuola.

È una fatica mentale enorme per tutti, dunque. Gli alunni devono entrare nell’ordine di idee che le vacanze non durano da giugno compreso fino a metà settembre, ma solo luglio e agosto. È una fatica mentale accettare il taglio delle vacanze dopo che si è accettato per quasi tutto l’anno un modo di fare scuola – le lezioni a distanza – anomalo e defatigante.

Ma anche gli insegnanti devono accettare un lavoro in più dopo che hanno dovuto faticare per adeguare il loro metodo di insegnamento alla situazione della pandemia. E forse dovranno superare, almeno per un certo lasso di tempo, le loro rivendicazioni, anche quelle giuste, per il bene della scuola e per il bene di tutta la società.

Le inchieste dicono che gli insegnanti italiani, alla ultime politiche, hanno votato per il 41 per cento a favore dei Cinque Stelle. Dunque, hanno scelto, in una percentuale molto più alta rispetto al totale della popolazione, una forma abbastanza evidente di protesta. Adesso, forse, protestare non serve più. Perlomeno non serve più al bene di tutta la società, e le proteste, almeno per un po’, vanno rimandate a tempi migliori.

Si dice che tutto è politico. Si è ripetuto in questi giorni che non si dà governo solo tecnico: il governo tecnico è anche politico. Vero. Ma si potrebbe aggiungere che tutto è morale, anche la politica. Perché ogni volta che l’uomo fa qualcosa, ci si chiede come fare per fare bene. E questa è la tipica domanda morale che gira attorno ai problemi della scuola, e della politica, e di tutto il resto.

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