DAI CAMION CON LE BARE ALLE DISCOTECHE

di CRISTIANO GATTI – Se non ricordo male, cinque mesi fa eravamo alla disperazione più feroce per mancanza di bombole d’ossigeno, con tanti malati condannati ineluttabilmente al soffocamento, e per mancanza di bare, di forni crematori, di tutto il macabro corredino da sepoltura, tanto che siamo diventati famosi nel mondo con il pietoso intervento dei camion militari, in fila indiana verso qualche forno senza intasamenti da superlavoro.

Queste, se la memoria non mi inganna, erano le nostre priorità. E ripeto il riferimento temporale: cinque mesi. Non cinque anni o cinquant’anni. Praticamente, era ieri.

Ricordo pure, sempre se la memoria regge, che tutti quanti pronunciavamo parole dolcissime e nobilissime, della serie niente sarà più come prima, questa catastrofe ha insegnato molto, ripartiremo con un mondo migliore, ognuno ha inteso quali siano le cose davvero importanti della vita.

Ecco, appunto: cinque mesi dopo, a quanto pare, la cosa che conta di più nella vita è la discoteca. Lo si desume dal travaglio di queste ultime settimane, periodo nel quale il governo ha ponzato con macerazioni inenarrabili ed equilibrismi da saltimbanchi prima di arrivare alla soluzione più logica e doverosa, l’unica possibile, cioè chiudere. Una decisione da prendere in un minuto per evidenti motivi di pericolosità e di controlli impossibili, noi l’abbiamo presa dopo notti insonni di trattative e consultazioni sanguinose.

Di più. In tutto questo tempo la gente ha dovuto sorbirsi sui giornali gli interminabili commenti togati degli opinionisti responsabili, la cui vera preoccupazione era dire qualcosa sul tema senza urtare troppo l’umore delle nuove generazioni, non sta bene, fa vecchio e trinariciuto prendere un po’ a maleparole i ragazzini, quando fanno gli idioti, siamo o non siamo giovanilisti?

A corredo, via tg le interviste da mezza Italia alla garrula fauna dei locali, queste stupidelle truccatissime, abbronzatissine, vestite con ogni genere di firma, che urlavano nei microfoni “basta, il Covid non c’è più, abbiamo il diritto di divertirci”. Che loro lo pensino fa parte del settore beata incoscienza – anche se ricordo che molti illuminati vorrebbero abbassare la soglia del voto a 16 anni -, ma che noi si debba starli a sentire, ogni giorno, ore pasti, sinceramente lo trovo assurdo e grottesco. Peggio: trovo davvero penoso che la società civile debba farsi carico di queste istanze, preoccupandosi di negare alla sua gioventù il diritto inalienabile al divertimento, come cinque mesi fa ci facevamo carico della mancanza di bombole e di forni crematori. Eppure, è così. Ci siamo fatti un sacco di problemi e di scrupoli per le discoteche.

Anche perchè, anche ammesso di superare il senso di colpa nei confronti dei ragazzini, subentrava subito il secondo, quello nei confronti dei gestori. Come si fa a chiudere, è un settore vitale, ci perdiamo 4 miliardi l’anno. A supporto la faccia abbronzatissima e afflitta di un discomanager romagnolo che butta sul tavolo il solito ricatto, lo stesso dell’Ilva di Taranto e di tutte le situazioni impopolari d’Italia: se si chiude, avremo una marea di disoccupati. Sempre lì si torna: il lavoro, l’economia, i soldi. Come negare tutto questo. Come. E’ effettivamente difficile.

Io però direi questo: abbiamo tutti perso un sacco di soldi per uscire dall’angoscia dei morti dentro casa, abbiamo sopportato sacrifici davvero grandi, perchè dovremmo cambiare tattica e filosofia per le discoteche? Se il nuovo rischio, che nessuna zangrillata può più negare, arriva (anche) da lì, dove nessun gestore è riuscito ad applicare le regole, in molti casi chiudendo colpevolmente entrambi gli occhi, se il pericolo dei contagi in aumento si fa di nuovo così incombente, tanto da mettere a rischio la riapertura delle scuole, perchè non dovremmo chiudere le discoteche? Sempre se non ricordo male, abbiamo chiuso musei, teatri, cinema, stadi senza imbastire queste caciare nazionali: perchè tanta macerazione per le discoteche?

Torno all’inizio: evidentemente, la nuova priorità in questo mondo migliore, uscito risanato dalla tragedia, sono le discoteche.

Qualcuno, un giorno, scrisse: c’è qualcosa di peggio della guerra, il dopoguerra. Non so perchè, ma comincio a capire il senso.

Un pensiero su “DAI CAMION CON LE BARE ALLE DISCOTECHE

  1. Fiorenzo Alessi dice:

    Egr. dott. Cristiano Gatti,
    a proposito di motti o frasi celebri :
    1) non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire ;
    2)non c’è mai un limite al peggio ; 3) la mamma dei cretini è sempre incinta .
    Che Dio ce la mandi buona .
    Amen.
    Cordialmente .
    FIORENZO ALESSI

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