CR7, PIU’ MODELLO CHE CAMPIONE MODELLO

di LUCA SERAFINI – Gli basterebbe poco, proprio poco, per essere il campione di tutti invece che di se stesso soltanto. Ma Cristiano Ronaldo proprio non ce la fa, è più forte di lui. Al terzo anno nel nostro Paese, nonostante uno stipendio da 2,5 milioni netti al mese, non sa ancora una parola di italiano, ma soprassediamo: tanto non dice niente e comunque – nel caso – affida i tweet alla sorella per esprimere le sue opinioni. Quando perde, esce dal campo toccandosi gli zebedei alludendo al fatto che i compagni difettano dei medesimi: leader minimo.

Più volte alle prese con grane fiscali (patteggiate in Spagna) e inchieste per molestie – peraltro queste ultime mai del tutto comprovate -, in realtà CR7 ha un animo gentile che non manifesta soltanto attraverso le filiere commerciali che ha scelto per i suoi investimenti (profumi e una linea di intimo maschile…), anzi si è spesso distinto anche per le sue azioni fuori dal campo di gioco: vicino alla causa palestinese, nel 2012 ha venduto all’asta la Scarpa d’oro conquistata l’anno precedente, destinando il ricavato – un milione e mezzo di euro – al finanziamento di scuole per i bambini di Gaza; nel febbraio 2013 ha consegnato un assegno di 100.000 euro ricevuto dalla UEFA al Comitato Internazionale della Croce Rossa; nel marzo 2014 ha donato a una famiglia spagnola 70.000 euro per finanziare completamente le cure di un bambino affetto da una malattia al cervello.
E allora perché? Perché un campione così immenso, costruito e mantenuto nella sua grandezza attraverso una mostruosa applicazione mentale, con una vita integerrima dal punto di vista della dieta e dei comportamenti professionali, deve cadere di stile proprio sul tema del virus che infetta il mondo? Sceglie in prima persona spostamenti e luoghi, come e dove trascorrere la quarantena, litigando con i politici e disprezzando le mascherine, unica difesa di ciascuno di noi comuni mortali. E poi l’ultima prodezza: un tweet in cui definisce i tamponi e più in generale i test anti Covid, “bullshit”, sterco di toro, insomma una ca*ata. Suscitando la reazione ancora una volta di politici, medici, opinionisti e signor nessuno come me.

Signor nessuno come me che soffro per queste sue deludenti performance, perché chi ama il calcio e ne ha fatto una professione, sia pure dalla tastiera e dalle seggiole delle tribune stampa, per fuoriclasse come Ronaldo diventa matto. E io sono matto di Ronaldo, come di Messi che a personalità non è che sia più corposo del rivale portoghese. Come Maradona (60 anni, auguri) e che fuori dal campo è stato il peggiore dei più grandi.

Che CR7 sia un po’ isterico lo ha già dimostrato disertando puntualmente i Gala internazionali dove già sa che premieranno qualcun altro, ma che diventi sprezzante nei confronti di un incubo che sta massacrando psicologicamente il mondo è un altro discorso: ci fa diventare simpatico anche Burioni, che lo ha criticato ferocemente, con un colpo di tacco del sarcasmo più lieve, “benvenuto tra i virologi, ci verrà buono nella sfida a calcetto con gli oculisti”.

Il tutto nel momento in cui Zlatan Ibrahimovic realizza un video per la Regione Lombardia, in cui dice: “Il virus ha avuto la cattiva idea di aggredirmi, io l’ho sconfitto, ma voi non siete me, quindi rispettate le regole” e conclude mettendosi la mascherina. Modi diversi di affrontare la questione che angoscia il pianeta. Campioni diversi.

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