COSA POTREMMO IMPARARE DALLA SALMA RITROVATA DI ARIAN, PICCOLO AUTISTICO

Ne avevamo parlato mesi fa, era aprile, disillusi già allora sul ritrovamento di Arian in vita. Un giorno, due giorni, una settimana, due settimane, nessuno più credeva che il piccolo Arian ce l’avrebbe fatta.

Autistico, sei anni e non verbale, era scomparso a Bremervörde-Elm e per lui si era mobilitato un contingente di professionisti e volontari come mai prima di allora. Si era allontanato da casa, una telecamera ne aveva catturato l’ultima immagine in vita, poi più nulla. Segnalazioni acustiche, segnalazioni visive, specialisti coinvolti per fornire suggerimenti e indicazioni, ma niente. Il raggio d’azione si è espanso sempre più, ma a un certo punto è parso inevitabile rassegnarsi, finché in azione è rimasta una piccola squadra che si è mossa solo su indizi mirati.

La notizia è di questa estate, due mesi abbondanti dopo la scomparsa, e arrivo con colpevole ritardo a dare il mesto bollettino, anche se poco cambia.

Mentre falciava un prato, un agricoltore ha ritrovato un corpo che l’analisi del DNA ha confermato essere quello di Arian. Tante ricerche per nulla, viene da dire, perché il corpo è stato ritrovato a un chilometro e mezzo di distanza dalla casa di Arian. Cerchi concentrici che si allargavano sempre più, mentre Arian era lì a un passo.

Oppure no, il corpo potrebbe essere stato riportato nelle vicinanze dopo qualcosa che non voglio nemmeno immaginare. Sul cadavere non ci sono segni di reati, pare, per la riservatezza la causa del decesso verrà comunicata solo ai famigliari e a loro spetterà decidere se e cosa rendere pubblico.

In ognuno di noi solo una grande tristezza, una desolazione infinita. Parlavamo di bracciali con GPS, di dotazioni per non perdere traccia degli spostamenti dei bambini a rischio, autistici o no. Continuiamo a parlarne e a dire che la tecnologia dovrebbe innanzitutto servire a questo, aiutare i più deboli e le loro famiglie.

Pensiamoci e facciamo in modo che ci pensino anche gli avanguardisti, alla prossima presentazione di grido, al prossimo i-phone, al prossimo telefono, al prossimo neuralink. Io dico che non c’è vero progresso finché il prossimo Arian non sarà messo nella condizione di essere al sicuro, qualunque cosa abbia in mente di fare e qualunque cosa sia successa quel giorno nella Bassa Sassonia.

Non c’è passeggiata nello spazio che valga la salvezza di un piccolo Arian. Sarebbe ora di pensare in piccolo, se davvero vogliamo diventare grandi.Pubblicità

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