COSA ABBIAMO FATTO DI MALE PER MERITARCI IL DISSING ADANI-CARESSA

Non vorrei sbagliare, ma credo che siamo di fronte al primo dissing di questo 2025.

Il dissing – lo spiego per i primitivi e poco moderni come me – è un termine di slang afrostatunitense derivante dalla parola disrespecting, ossia mancare di rispetto. Inizialmente era diffuso solo ed esclusivamente nel mondo della musica rap; successivamente, con l’avvento dei social e di TikTok, è spopolato dappertutto.

Ce l’hai con qualcuno e non hai gli attributi per affrontarlo di persona? Un bel dissing tramite il tuo cellulare e finisci in tendenza. Il ricevente ti risponderà con un altro dissing, per una diatriba infinita che vedrà un solo vincitore: la vergogna.

Finita questa lezioncina non richiesta, andiamo al dunque.

Lele Adani, ex calciatore neanche tanto fenomenale e attuale opinionista-telecronista Rai, ha insultato il giornalista e telecronista Sky, Fabio Caressa. Tutto per una differente veduta sul potenziale della squadra di calcio della Norvegia – argomenti di un certo spessore e rilevanza.

Secondo Caressa, l’Italia – che potrebbe essere sorteggiata come eventuale avversaria della Norvegia nel prossimo Mondiale del 2026 – non dovrà temere i Løvene (Leoni). Secondo Adani, invece, la Norvegia è una nazionale che non va sottovalutata, perché vanta calciatori come Haaland e Odegaard, profili che alla nostra Italia mancano per qualità e caratura internazionale. Due opinioni differenti, ma rispettabili in egual misura.

Peccato che Adani, famoso per la sua spocchia nel credersi il miglior intenditore di calcio del pianeta, magari anche per averlo inventato, ha insultato Caressa dandogli del co*lione più di una volta, il tutto in diretta dal salottino di ‘Viva el Futbol’, trasmissione Twitch che condivide con altri due gentleman d’alta classe, Antonio Cassano e Nicola Ventola, divertiti come degli adolescenti. Non solo: Adani aggiunge pure che il co*lione “non sa fare questo lavoro, ma ci lavora da trent’anni”. Un astio e un accanimento che, evidentemente, nasconde molto di più.

La reazione di Caressa non si fa attendere. Attraverso un video su YouTube, con modi pacati e diplomatici, risponde: “Si può non essere d’accordo, si può discutere, ognuno con le proprie armi, con le proprie fonti. Ma serve rispetto, senza insultare professionalmente. È importante parlare e ascoltare l’altro, possibilmente ascoltarlo, non farsi riferire le cose, e dire ‘non sono d’accordo’. Quando si attacca qualcuno, secondo me è bello farlo citando il nome. Non è mai bello ma, se proprio lo si deve fare, allora bisogna citare il nome. Perché sennò il coraggio, il lupo, l’ululato… dove sono finiti?”.

Insomma, un dissing onestamente inutile, su un argomento altrettanto inutile che descrive Adani come un bullo e Caressa come il solito signore. Poteva nascere un confronto costruttivo e invece si è finiti nella solita caciara all’italiana. E lo dico con rammarico. Ma forse Adani ha capito che, nell’era social, più sei provocatorio e irriverente, ma anche cafone spinto, e più hai successo. Anche se, in questo caso, non ha fatto altro che mettere in risalto la grande differenza che c’è tra uno schiamazzatore social e un professionista della comunicazione. Contento lui.

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