CORAGGIO ITALIA CHE ARRIVA UN DOGE

di GIORGIO GANDOLA – Siamo tornati alle repubbliche marinare. Il doge di Venezia Luigi Brugnaro (nella foto) e quello di Genova Giovanni Toti hanno deciso di staccarsi dal vecchio imperatore Silvio I e, pur rimanendo sotto l’ala protettiva del centrodestra, provare a navigare da soli. Per ora “Coraggio Italia” è un guscio di noce e ha un nome da pacca sulle spalle con sospiro finale, quindi non induce ad entusiasmi. Ma in questo scenario politico dominato dai tecnici ogni previsione è fatta per essere smentita.

L’uscita da Forza Italia, che Toti aveva concretizzato già un paio d’anni fa con il varo di “Cambiamo”, sta creando un certo rumore e ha messo di cattivo umore Berlusconi. Il segnale della mini-diaspora è lampante; c’è chi vede nell’antico guerriero stanco un ex baluardo e lo abbandona per provare a sostituirlo. Operazione legittima e per ora destinata ad aumentare la parcellizzazione del centro, vale a dire quei Responsabili che di volta in volta fanno da stampella alle maggioranze in cambio di qualche poltrona. L‘esemplare storia della Mastella Family insegna. Ricordiamo a beneficio dei più giovani il motto del patriarca Clemente: «Non so dove capito, può darsi pure in quarta fila. L’importante è sedersi e non perdere mai la sedia».

Qui la faccenda è seria, di solito i dogi non scherzano. Sono andati dal notaio e hanno fatto firmare l’adesione a 24 componenti: 12 sono parlamentari di Forza Italia, 6 del gruppo misto e 6 ex del Movimento 5Stelle, scappati o cacciati dal circo grillino in lite condominiale permanente. Doveva aderire anche la leghista Tiziana Piccolo, ma è bastata una telefonata di Salvini a fermarla. Doveva arrivare anche la parlamentare con il nome più letterario dell’intero emiciclo, Fucsia Nissoli Fitzgerald, signora di Treviglio che si è costruita una vita in Connecticut, eletta all’estero e perfetta per un partito che ha proprio il colore fucsia nel simbolo. Ma dopo la notte dell’Innominato ha deciso di disconoscere sterzata e colore: ”Sono stata eletta con Forza Italia e resto convintamente con il presidente Berlusconi”.

“Coraggio Italia” si pone dentro il centrodestra ma con libertà di creare, come Dybala. Il suo fantasista è Brugnaro, vulcanico sindaco al secondo mandato, che spiega: “Vogliamo recuperare gli elettori già andati via, parliamo con l’Italia che manda avanti il Paese, imprenditori, sindacalisti (boh!), amministratori locali. Partiamo dai territori. Dove andremo e chi comanda sono domande senza senso, bisogna chiedersi dove andrà il Paese”.

In questi giorni è impegnato a palleggiare con i piedi fra i piccioni di piazza San Marco perché il Venezia è tornato in Serie A. Fino all’anno scorso invece palleggiava con le mani, essendo anche il patron della gloriosa Reyer, a sua volta rientrata orgogliosamente nel gotha del basket nazionale.

Da questa prima descrizione è tutto chiaro: stiamo parlando di un piccolo Berlusconi, imprenditore e dirigente d’azienda, liberale vecchio stile (con la e finale incollata al resto della parola, quindi senza diritto alla sdraio all’Ultima spiaggia di Capalbio), vulcanico e amante del contropiede. Figlio di una maestra e di un operaio (e poeta) di Porto Marghera, conosce le calli e i calli sulle mani almeno per averli visti in casa. È il simbolo vivente del dovere di cittadinanza, più che del diritto. Per fortuna in Italia ce ne sono ancora. Architetto, è titolare di “Umana holding”, gruppo che tiene insieme 23 aziende nel campo dei servizi, della manifattura, dell’edilizia, dell’agricoltura con un migliaio di collaboratori e un fatturato di 700 milioni l’anno. Un uomo del fare.

Nel 2015 sconfigge alle elezioni l’ex magistrato Felice Casson, noto anche per una battutaccia di Indro Montanelli («testa di Casson»). S’impone come doge enfatizzando due concetti: sicurezza e controllo del turismo di massa. Su quest’ultimo chiude un occhio per ovvie ragioni di fatturato, ma entro il 2022 dovrebbe varare il famigerato numero chiuso. Ha 60 anni e 5 figli, piace ai veneziani per il decisionismo. Per dire, è riuscito a litigare con Elton John per aver fatto ritirare dalle scuole d’infanzia libri che inneggiano all’omogenitorialità e sta portando fuori le grandi navi dalla dowtown d’acqua. Dopo estenuanti balletti anche giudiziari dei predecessori ha fatto partire il Mose. Funziona. Oggi sotto il ponte di Rialto i gondolieri canticchiano “El leon se magna el Berluscon”; in laguna sono convinti che il doge avrà futuro a Roma, dove lo aspettano con i candelotti di dinamite sotto gli scranni.

Per capire la dialettica, il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (portavoce di Forza Italia) ha accolto così lo sbarco dei fucsia di “Coraggio Italia”: “È un’imitazione di quelle che all’estero fanno con i prodotti Made in Italy. È un parmesan della politica, allora è sempre meglio l’originale. Sapete qual è la crasi di Brugnaro e Toti? Bruto. Quello che accoltella alle spalle il presidente Berlusconi”.

Una carezza d’acciaio. Una simbiosi precisa a quella che a sinistra unisce il tenero Letta e gli ex renziani. Con i coltelli sotto la toga.

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