CONTRO GLI ASSASSINI DI CICLISTI NON BASTA PIU’ PIANGERE

Dolore e rabbia! Passano i giorni, le settimane, i mesi, ma puntualmente si ricade nell’oscurità.

Frequentando in bicicletta le nostre strade si ha la netta sensazione di calarsi nel far west, senza regole e senza limiti. L’inciviltà e la maleducazione rappresentano plasticamente ciò che siamo, un paese arretrato.

Questi saranno i giorni del dolore e delle parole, l’omicidio di Davide Rebellin ha portato nuovamente alla ribalta alcune macchie indelebili con cui ci presentiamo agli occhi del mondo; la violenza stradale, la mancanza di rispetto.

Quando la vittima è un personaggio famoso, come Scarponi, come Rebellin, come Zanardi, tutto assume contorni mediaticamente più rilevanti, ma i numeri sono impietosi. Il bollettino di guerra del 2021 riporta una vittima ogni 2 giorni, senza tenere in considerazione coloro che la vita se la vedono irrimediabilmente distrutta da lesioni fisiche irreparabili. Con loro ci sono famiglie intere la cui esistenza cambia radicalmente.

Di parole ne sentiamo tante anche in questa tristissima circostanza, ma la parte civile del nostro Paese, che voglio credere sia la maggioranza, già da domani deve pretendere che il Paese a cui orgogliosamente apparteniamo imbocchi, finalmente, la strada delle azioni concrete. Lo dobbiamo a Davide, a Michele, ed a Manuel Lorenzo ucciso anch’egli nelle ultime ore a Ferrara, a soli 16 anni.

Esiste un problema di narrazione: anche in questa occasione leggo e sento che Davide Rebellin è stato travolto da un mezzo pesante. Non è il mezzo pesante che travolge il malcapitato ciclista, ma colui che è alla guida del mezzo. Iniziamo a chiamare le cose con il loro nome. Spesso si legge: “Auto impazzita travolge ciclista/ciclisti/pedone/pedoni”. Non è l’auto impazzita, è chi la conduce che non rispetta limiti o regole esistenti.

Le regole, queste sconosciute. Esistono, ma chi controlla che vengano rispettate? Dove sono i controlli?

Molte sono le cose che si possono fare da subito: rispettiamo i limiti che in molti centri abitati è sceso a 30 km/h, evitiamo di utilizzare il cellulare mentre guidiamo, iniziamo, semplicemente, ad applicare rigidamente le sanzioni previste: un Paese dove non si fanno rispettare le regole è un Paese destinato al fallimento.

Esiste un serio problema culturale, di educazione civica e di rispetto, lo testimoniano anche alcuni indegni commenti che si leggono in rete, in quella “discarica umana” che popola le piattaforme social. Non sarà forse il caso di iniziare dalla scuola, dalle famiglie, dalle realtà a cui è affidata l’educazione dei nostri giovani?

Esiste inoltre un problema legato ai format pubblicitari. Avete notato quanti prodotti automobilistici sono reclamizzati in televisione? Auto di tutte le marche, di tutte le cilindrate, che sfrecciano su strade libere, anche di grandi città, addirittura tra i vicoli di Venezia sui quali mai è transitata un’automobile, insonorizzate, con l’attore alla guida che si compiace e si emoziona!

La realtà è un’altra. Le strade dove circoliamo sono diverse: trafficate, congestionate, con pedoni e con ciclisti che hanno i loro sacrosanti diritti, con altri mezzi che circolano e la cui circolazione dovrebbe essere “gestita” da regole precise, che ci dovrebbero essere state impartite quando abbiamo ottenuto la licenza per condurre il mezzo che conduciamo.

A queste regole precise, si dovrebbero aggiungere quelle del buon senso e del vivere civile, che nelle scuole o in casa con i nostri genitori dovremmo aver conosciuto.

Altra criticità con cui conviviamo è quella infrastrutturale. Dobbiamo riconoscere che le amministrazioni stanno investendo sulle ciclabili, esistono fondi specifici e dedicati, ma queste realtà presentano spesso pericoli maggiori rispetto al pedalare sulla strada, a causa dell’inciviltà, della maleducazione e della scarsa conoscenza delle regole. Tratti ciclabili mal pensati, mal realizzati, non connessi tra loro, che spesso terminano nel nulla, utilizzati come parcheggi, dove non si rispettano le precedenze, in cui il veicolo che si immette sulla strada principale invade improvvisamente la corsia ciclabile senza guardare se sopraggiunge il ciclista.

I problemi anche in questo caso sono gli stessi, la mancanza di cultura, di educazione, di controlli e di relative sanzioni.

Un’altra riflessione che coinvolge l’intero Paese e la sua economia, non solo la salute e le legittime preoccupazioni di coloro che utilizzano la bicicletta, questa: la prima industria del nostro Paese è rappresentata dal turismo, davvero pensiamo che bastino il Colosseo, gli Uffizi, Piazza San Marco e le migliaia di testimonianze storiche di cui si fregia l’Italia, per continuare a richiamare i turisti?

Ritengo che chi ha la responsabilità di guidare il nostro Paese, debba inviare, ora, un segnale forte e chiaro, senza ambiguità e senza meri calcoli politici. In caso contrario siamo destinati a sprofondare sempre di più nella miseria culturale e civile in cui già ci dibattiamo. E il sacrificio di tanti rimarrà vano.

* SILVIO MARTINELLO, campione olimpico Atlanta 1996

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