CONTE-AGNELLI E LA MORALE DI CAIRO

Tutta Italia – e purtroppo non solo l’Italia – ha visto e sentito la triviale lite tra il presidente della Juve, Andrea Agnelli, sostenuto dai suoi collaboratori, e l’alteratissimo Conte, con adeguato scambio di insulti e dito medio da rissa stradale. Tutti sono d’accordo nel dire che nessuno ha ucciso nessuno, che non è il caso di crocifiggere uno sport quando è l’intera società ad aver imboccato questa deriva di degrado generale. Ma sono anche tutti d’accordo nel dire che quella bega resti una vergogna, di sicuro un errore, e che comunque non faccia benissimo alla già compromessa reputazione del calcio.

Fine, senza farla tanto lunga. Poi però arriva Cairo, presidente del Torino, nonchè proprietario di “Corriere” e “Gazzetta”, più “La7”, che si dimostra stupito – e anche piuttosto seccato – per tutto questo polverone. Secondo l’illuminato dirigente, lo stesso che in piena pandemia, con i morti in giro sui camion militari, fece boom di ascolti sui social con il famoso video in cui esortava i suoi venditori di pubblicità a darci dentro, proprio quest’uomo non trova di meglio che commentare la pietosa scenata di Torino con parole così: “Sono cose che accadono in partita, non mi sembra sia un danno all’immagine della Serie A”.

Ecco, appunto. Da domani via libera: stadi come angiporti, allenatori e dirigenti come camalli (sempre che i camalli sia davvero così), giocatori fronte a fronte come caproni in amore. Il calcio stellare è questo, sono normali “cose da campo”. Cairo e il cairismo non ci trovano niente di strano.

Forse dovremmo davvero smetterla, fuori dal campo, di porci certe domande.

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