COMUNQUE UN BEL GESTO, ANCHE SE GLI COSTA POCO

di GHERARDO MAGRI – Il bello della trasparenza sui conti delle cariche pubbliche è che ci permette, almeno una volta all’anno, di esercitare la passione nascosta: il voyeurismo nelle tasche altrui.

Così abbiamo scoperto che il premier Draghi ha rinunciato alla paga da Presidente del consiglio e abbiamo potuto radiografare per la prima volta la sua dichiarazione, curiosando un po’ nel suo patrimonio. Si sono anche scatenati i confronti con l’ex di turno – Conte – e i giornali ci hanno sguazzato: proprietà private, partecipazioni a società, eccetera, distribuendo giudizi manichei dall’alto su questo e quello.

I conti della casta, ormai, li conosciamo purtroppo bene grazie alle numerose indagini e ai libri-inchiesta. Di grandi novità non ce ne sono più, se non la caccia ai vitalizi e alle pensioni d’oro ancora in corso. Per ridurre i costi della (baracca) politica italiana, molto più alti rispetto ad altre democrazie altrettanto popolose, non ci rimane che usare la benedetta riforma sul numero dei parlamentari, tagliando con la scure 345 teste dalla prossima legislatura. Poi penseremo di meglio.

Torniamo a SuperMario. Mi unisco alla profusione di complimenti nei sui confronti. In effetti è un qualcosa a cui non siamo proprio abituati: rinunciare a 80.000 euro netti all’anno non è una cosa da poco, anche per chi è già piuttosto ricco. E’ comunque un segno. Nell’Italietta dei furbetti è più comune l’immagine di chi non si scolla mai dalla poltrona e dai relativi stipendi, anzi cerca di accumulare incarichi e redditi.

Posso dire però che non ne sono affatto stupito? In un certo senso me l’aspettavo, visto il suo profilo di servitore dello Stato, con un pedigree internazionale di tutto rilievo. Nel suo ruolo di salvatore del Belpaese, su invito arrivato direttamente dal Presidente della Repubblica, per lui è ben più importante togliere le castagne dal fuoco – nel momento più buio dal dopoguerra – che ritirare lo stipendio al 27 del mese. Lui era abituato a guadagnare più o meno il triplo quando sedeva all’ultimo piano della BCE, a Francoforte, e probabilmente considera il suo contributo totalmente sganciato da un concreto concetto di compenso, come fosse un regalo personale al proprio Paese.

Applausi, allora, ma zero sorprese. Apprezzo di più che si venga a sapere così, senza nessuno strillo propagandistico, con un basso profilo quanto mai necessario di questi tempi.

Un paio di considerazioni in più sulla vicenda, però, s’impongono.

La prima riguarda l’idea di gratuità. Tutto ciò che non riesce a esprimere un valore, in primis il lavoro, normalmente non si apprezza. Se c’è impegno, sudore, serietà e tempo dedicato dietro alle nostre azioni, è giusto che vengano riconosciute economicamente: la ricompensa è il premio che soddisfa chi ha prodotto valore aggiunto ed è un incentivo positivo al progresso. Sotto questo aspetto, il gesto di Draghi può indurre a svilire il ruolo assolutamente essenziale della guida operativa della nazione e, addirittura, essere giudicato un gesto un po’ snob. Diverso è il discorso se parliamo di gratuità-beneficenza, un campo in cui i patti sono chiari fin dall’inizio, ma questa è un’altra storia. Un colpo geniale sarebbe stato devolvere lo stipendio a categorie bisognose, oppure a progetti fondamentali del suo governo. Ma non si può avere tutto.

La seconda è più veniale, sul compenso del Presidente del consiglio. Tralasciando per un momento possibili derive populistiche, ragiono da manager d’azienda e dico subito che la retribuzione è assolutamente inadeguata alle responsabilità. Il livello è paragonabile a un dirigente di medio-alta esperienza in aziende nemmeno di grandi dimensioni, come a dire che il ruolo è parecchio sottopagato in sé. Certo, il perverso sistema di cumulo cariche (da parlamentare, per esempio) permette a chi si è seduto su quella poltrona di passarsela bene comunque, ma è profondamente sbagliato adattarsi a un arzigogolato status quo che viene dal passato. Bisognerebbe azzerare tutto, ristabilire i parametri, riequilibrare le retribuzioni, abbassandole per molti e alzandole per le cariche che contano davvero. Questo sarebbe l’inizio di una vera meritocrazia e di un corretto incentivo a chi vuole mettersi in gioco, promettendo anche ai giovani di fare una degna carriera, al pari di altri settori, se davvero lavorano bene.

Se la cosiddetta società civile non parteciperà mai attivamente al futuro politico del Paese, rimettendo a posto le regole e facendo gesti di rottura come quello di Draghi, che ci spingono a riflettere, ci ritroveremo sempre e solo a ingrossare la fila dei lamentosi a vita contro i nostri rappresentanti.

Un pensiero su “COMUNQUE UN BEL GESTO, ANCHE SE GLI COSTA POCO

  1. Fabio dice:

    Sono molto in accordo con il fatto che se avesse devoluto lo stipendio in beneficenza a qualche associazione bisognosa sarebbe stato molto meglio anziché rinunciarvi, anche perché, alta o bassa che sia la retribuzione, rappresenta un compenso al lavoro svolto e per questo si ha la responsabilità di fare bene nei confronti di chi ti paga, cioè tutti noi.
    Ho grande stima di Mario Draghi, ma preferisco sapere che venga regolarmente pagato , piuttosto che lavori gratis per gli italiani!

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