Vivo ogni giorno dei futili motivi del calcio, dei suoi giudici in calzoncini con il fischietto in bocca e di quelli in giacca al VAR. I regolamenti sono un accessorio: la discrezionalità impera incontrastata per la gioia dei tastieristi che si possono scatenare sui social, di giornali e tv che sguazzano nelle polemiche, degli stessi allenatori e dirigenti che hanno alibi preconfezionati succulenti. Restano futili motivi, qualche volta appunto comprensibili per un sistema che li accetta e li derubrica tutti.
In cronaca e giurisprudenza è diverso, almeno dovrebbe esserlo, ça va sans dire. Sappiamo bene invece che non è così: un giudice può rileggere, interpretare e applicare la legge a seconda del proprio umore, delle proprie esperienza, della propria cultura. Ogni volta che scrivo su questi temi, trovo molte opinioni sotto ai post di dotti luminari che mi spiegano, senza naturalmente riuscire a farmi intendere.
Leggo sul “Messaggero” online di lunedì 13 gennaio: “Trent’anni e non l’ergastolo – chiesto dalla Procura – in un caso di doppio femminicidio, anche in ragione «della comprensibilità umana dei motivi che hanno spinto l’autore a commettere il fatto reato»”. Lo scrive la Corte di assise di Modena nel motivare perché considera le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti per Salvatore Montefusco, imputato di aver ucciso moglie e figlia di lei il 13 giugno 2022: «Arrivato incensurato a 70 anni, non avrebbe mai perpetrato delitti di così rilevante gravità se non spinto dalle nefaste dinamiche familiari che si erano col tempo innescate», si legge nella sentenza visionata dall’Ansa.
Montefusco assassinò a fucilate la moglie Gabriela Trandafir, 47 anni, e la figlia della donna, Renata, 22enne, a Cavazzona di Castelfranco Emilia. La Procura di Modena aveva chiesto l’ergastolo, ma i giudici (presidente estensore Ester Russo) il 9 ottobre hanno riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti rispetto alle aggravanti riconosciute (rapporto di coniugio e aver commesso il fatto davanti al figlio minore della coppia), escludendo premeditazione, motivi abietti e futili, l’aver agito con crudeltà e ritenendo assorbiti i maltrattamenti nell’omicidio.
La sentenza spiega in oltre 200 pagine come il delitto sia avvenuto in un contesto di forte conflitto tra Montefusco e le due donne, con presentazione di denunce reciproche. Secondo i giudici il movente «non può essere ricondotto e ridotto a un mero contenuto economico» sulla casa dove vivevano. Ma è piuttosto da riferirsi «alla condizione psicologica di profondo disagio, umiliazione e enorme frustrazione vissuta dall’imputato, a cagione del clima di altissima conflittualità che si era venuto a creare nell’ambito del menage coniugale e della concreta evenienza che lui stesso dovesse abbandonare l’abitazione familiare» e con essa anche controllo e cura del figlio.
Per i giudici è «plausibile» che, come riferito da Montefusco, quando Renata gli disse ancora una volta che avrebbe dovuto lasciare la casa, questo «abbia determinato nel suo animo, come dallo stesso più volte sottolineato, quel black-out emozionale ed esistenziale che lo avrebbe condotto a correre a prendere l’arma» a pochi metri di distanza e uccidere le due che «mai e poi mai» secondo quanto affermato dai testimoni sentiti in aula, aveva prima d’allora minacciato di morte. La concessione delle generiche considera la confessione, la sostanziale condizione di incensurato, il corretto contegno processuale e la «situazione che si era creata nell’ambiente familiare e che lo ha indotto a compiere il tragico gesto».
Nel giudicare l’equivalenza tra attenuanti e aggravanti non si può non tenere conto, per la Corte, «di tutta quella serie di condotte unilaterali e reciproche che, susseguitesi nel tempo e cumulativamente considerate», se pure non hanno integrato l’attenuante della provocazione, «hanno senz’altro determinato l’abnorme e tuttavia causale reazione dell’imputato»”.
E’ a suo modo una sentenza storica, universale. “Plausibile” da oggi non lo decide la legge, ma una bussola e i campi magnetici, l’orientamento o il disorientamento di un giudice. Per quanto abbia letto e riletto questo articolo, non trovo differenze nelle motivazioni degli affamati che uccidono per 5 euro, fidanzati e fidanzate o mariti e mogli esasperate dai rispettivi compagni, compagne e coniugi, i fanatici terroristi obnubilati dalle religioni o dalle repressioni, da chi insomma una ragione per ammazzare ce l’ha.
Da oggi l’omicidio ha ampi margini di tolleranza, di plausibilità, compreso per i malati di mente. Alcuni dei quali uccidono ogni giorno il comune senso del pudore.
Sono totalmente d’accordo. Il valore della vita si sta ri-perdendo, sottilmente, inesorabilmente. Che dei giudici confermino questa tendenza mi getta nello sconforto più profondo.