COME SIAMO ARRIVATI A METTERE LE ETICHETTE DI PERICOLO AI SOCIAL

Sono 42 gli Stati Usa, tra i quali quelli di New York, California, Colorado, Kentucky, Mississippi, New Jersey, Oregon e Tennessee, che hanno chiesto l’introduzione di un’etichetta che indichi i social come “pericolosi”. Come se fossero alcool o sigarette. E in Australia sta partendo l’iter per approvare una legge contro la disinformazione che circola sulle piattaforme: per chi la infrangerà previste multe fino al 5% dei ricavi globali.

Questa la notizia. Naturalmente ci si chiede perché i social sono pericolosi. E, altrettanto naturalmente, le risposte sono tante. Il grande mare delle news è diventato il mare delle fake news. Sui social circola un immenso materiale che incita all’odio e alla violenza. Le grandi piattaforme sono nelle mani di pochi ricchissimi proprietari… Eccetera.

L’iniziativa di cui parla la notizia citata, però, è significativa per tanti versi. In primo luogo. Per far capire i pericoli dei social devono intervenire le autorità politiche, che devono segnalare la pericolosità dei social con delle etichette, come si fa per le sigarette. I miliardi di utenti hanno bisogno di questa superiore tutela per evitare di cadere nelle trappole del sistema dei social. Ossia: è in atto un gigantesco scontro di potere. Per ora i social hanno stravinto. Non si sa se la politica riuscirà a spuntare qualche battaglia. Quello che è certo è che i grandi sconfitti sono la massa enorme dei fruitori, i quali, spesso, non solo sono imbrogliati, ma non sanno neppure di esserlo.

Il secondo luogo. Si denuncia la facilità alle fake news dei social. Vero. Ma, mi pare, i social sono pericolosi non tanto perché fabbricano notizie false, ma perché, ancora più a fondo, hanno spento la voglia di cercare le notizie vere. I social hanno reso inutile la ricerca, infatti, la verifica della verità, la fatica di quella ricerca e di quella verifica. Non si costruisce più nulla e non si ha voglia di farlo. E’ già tutto preparato. Il “tutto preparato” ha reso obsoleto il preparare. E’ come se si avesse perso la voglia di fare cucina perché si trova più comodo consumare cibi preconfezionati. Una cosa è ricevere un sacco di notizie, altra cosa è capire la realtà.

Questo dato macroscopico dei social si aggiunge a quell’altro di cui, pure, si sente parlare spesso: i social, si osserva, hanno sostituito i rapporti reali con quelli virtuali. Non si sente più la necessità di incontrarsi perché basta prendere in mano uno smartphone e si hanno tutti legami possibili con il mondo intero. Ma, si aggiunge, sono tutti legami virtuali. La rete ha moltiplicato i legami, ma li ha scarnificati.

Si deve notare, però, che non sono stati scarnificati soltanto i legami tra le persone, ma è stato alleggerito il rapporto fra le persone e la verità. A questo punto, mi sembra di esagerare parlando di “verità”. Sembra un parolone fuori posto. Ma resterebbe da chiedersi, alla fine e con la maggior onestà possibile, perché una parola così ovvia sia, oggi, così altrettanto ovviamente fuori posto.

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