COM’E’ RIDOTTO ALDO GRASSO SE CONSIDERA “THE FERRAGNEZ” UNA FIABA

Si può dire che alcune operazioni di marketing sono talmente importanti ed inclusive da piegare perfino i pensieri, costringendoli ad una benevolenza indotta?

Leggendo Aldo Grasso, a proposito dell’epopea dei Ferragnez su “Prime”, sembrerebbe di sì. Ora, io non conosco Grasso e non ho voglia di andarmi a leggere il suo curriculum, per capire se viene da Capalbio oppure da Barlassina: se fossi uno appena sbarcato da Marte e leggessi quello che scrive sul “Corriere”, parlando della serie televisiva dedicata a casa Ferragnez, penserei a un caso di allucinazione o, in subordine, a un malessere temporaneo da tastiera.

Perché Grasso, stringi stringi, li difende: anzi, quasi se li coccola. Il più smaccato prodotto pubblicitario degli ultimi cinquant’anni, la più subdola circonvenzione di incapaci della nostra storia recente, si trasforma, nel racconto di Grasso, in una delicata fiaba, così la chiama, che gli Italiani devono sciropparsi, come si sciropperebbero Perrault o i Grimm.

Una fiaba i Ferragnez? Ma scherziamo? Quelli si siedono a tavolino, come abili project manager, e pianificano come piazzare ogni lacerto della loro vita a carissimo prezzo: sono i trionfatori nel mondo del niente pneumatico, i santoni del vuoto collettivo. In un mondo normale, l’acqua minerale che costa come il Sassicaia verrebbe loro restituita, inurbanamente, per posta pneumatica.

E Grasso, con appena una punta di paternalismo, da vecchio intellettuale, ci dice: sono ragazzi, si vogliono bene! Lei, che è una capitana d’industria armata fino ai denti, in fondo, è una timidona. Lui, che sembra un camaleonte brachischelico, si presenta come un sognatore arrabbiato col mondo: viene perfino il dubbio che Grasso confonda Fedez con J-Ax. Pardon, coi testi delle canzoni di J-Ax, che, quanto a marketing, scherza poco pure lui.

Dunque, la coppia più scafata, avveduta economicamente, disposta a farsi filmare anche mentre è al cesso, purchè la paghino, ovvero la quintessenza della catastrofe intellettuale di questo povero Paese, si presta a una serie su “Amazon Prime”, inserendovi parenti, amici e benefattori, cani, gatti, tacchi, dadi e datteri. E Grasso applaude bonario, invitandoci a prenderla fiabescamente. Siete come i bambini, bambocci: come bambini sciroppatevi questa ennesima polpetta, tanto è una fiaba!

No, mi dispiace: chiunque non denunci la pochezza di operazioni come questa è complice. Chiunque abbia la responsabilità di essere letto da migliaia di Italiani e non li avverta della trappola, è connivente. Non si può far passare questo sfruttamento dei più deboli intellettualmente, dei più aggredibili culturalmente, come una cosa tinta di rosa. Le tinte ci sono, ma sono fosche. E, nella fiaba, non c’è nessuna Biancaneve. E questo Grasso lo sa benissimo, ma pare non vederlo e non volerlo riferire. Ci spiegasse perché.

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