COME PORTARGLIELA VIA UN’ALTRA VOLTA

di LUCA SERAFINI – Quante volte Denise è stata rapita? Quante volte uccisa? Quante volte è sopravvissuta? A 17 anni dalla sua scomparsa, l’unica cosa certa è che il cuore di sua mamma Piera è stato massacrato decine e decine di volte e non meritava quest’ultima ignobile farsa russa.

Era la mattina dell’1 settembre 2004 quando la piccola Denise Pipitone, 4 anni, scomparve nel nulla. Stava giocando per strada con i cuginetti, nei pressi della casa della nonna a Mazara del Vallo (Trapani): all’ora di pranzo si precipitano tutti in casa, tranne lei. Svanisce e non se ne saprà più nulla.
Si sono susseguiti in questi lustri avvistamenti, segnalazioni, identikit, video fasulli, appelli disperati, indagini e inchieste lacunose e infruttuose. A complicarle, la paternità di Denise: non Toni Pipitone, marito di Piera Maggio, ma Piero Pulizzi, marito della sorella di un’amica… Intreccio che scatena pettegolezzi e sospetti, fino alla serie di processi che coinvolgono prima la figlia 17enne di Piero Pulizzi, Jessica, poi la ex moglie Anna Corona. Ma tra intercettazioni, frasi dialettali, reciproche accuse tra nuclei familiari identici o differenti, non si è mai approdati a niente di concreto. Niente di niente.

L’ultimo, crudele, disumano atto di questa tragedia, arriva dalla Russia, dove la giovane Olesya Rostova denuncia di essere stata rapita da nomadi quando aveva l’età di Denise. Ma Olesya sarebbe in realtà Angela Nikulina Zhuchova, che già da ragazzina avrebbe incontrato la sorella biologica Anastasia negli studi di una trasmissione televisiva. E proprio la tv russa si impossessa del caso, dribblando gli appelli di mamma Piera e del suo legale Giacomo Frazzitta: “Bastano gli esami del sangue per stabilire se Olesya sia Denise”. Gli esiti degli esami ematologici non vengono però rivelati “fino all’esame del DNA” che avverrà il 6 aprile, benché il conduttore del programma (il cui titolo è già di per sé un programma: “Lasciali parlare”) Dmitry Borisov annunci che i risultati saranno resi noti in diretta alle 18.45 del 7 aprile sulla tv russa. Mentre nei pomeriggi italiani le nostre reti sguazzano più o meno affrante. L’avvocato Frazzitta sa già tutto con qualche ora di anticipo, ma ha accettato un patto di riservatezza e quindi deve attendere prima di informare la Procura di Trapani e le autorità competenti fino a quando si saprà la verità: Olesya non soltanto non è Denise, ma non è nemmeno Olesya perché – appunto – sarebbe Angela Nikulina. Sangue e DNA spazzano via un’altra volta Denise, con più ferocia di sempre, nel più bieco cinismo del peggior circo mediatico.
Nel bel mezzo di questo scempio umano consumato sulla pelle della famiglia di Denise, le parole chiave diventano “audience”, “share”: gli ascolti, insomma. Le parole di quella cultura da cui la Russia ha preso e prende le distanze ogni giorno da sempre, le parole di un vergognoso spettacolo costruito sulle lacrime e sulla finzione, per cui peraltro anche noi occidentali siamo quotidianamente all’avanguardia.
La bolla si annienta come quelle di sapone, nel vento delle menzogne e della meschinità umana. Il caso sarà archiviato e forse un giorno sapremo che fine avrà fatto questa ciarlatana di Olesya-Angela Nikulina, ma non sapremo probabilmente mai più dove e come sia finita Denise. Continueremo soltanto a contare i lividi sull’anima di Piera, senza avere accesso ai suoi luoghi oscuri, né rendere giustizia alcuna al caso della sua piccola figlia, oggi forse adulta, oppure antico, minuto, fragile scheletro.

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