Le adozioni internazionali da parte di genitore single sono possibili. Leggo la notizia e leggo i commenti. Entro in punta di piedi nell’argomento, per il semplice motivo che non posseggo competenze al riguardo. Per ripetere, anche stavolta, una frase molto originale: è un argomento complesso. Ma lo è davvero. Per cui non posso discutere l’argomento. Posso soltanto fare quello che è sempre possibile: dire un parere. Quindi, non mettere in gioco una competenza che non c’è, ma una sensazione che c’è, come sempre. Per cui di tutto quello che ho letto mi interessano più e prima le reazioni, perché penso che vengano da gente che si trova nella mia stessa situazione: esprimono un parere, una sensazione. Certo, le reazioni che leggo sui giornali, sui siti e che ho ascoltato in TV sono di gente nota, di politici, di uomini di cultura. Ma sono cittadini loro e lo sono anch’io, come loro.
Dunque. Si moltiplicano, da una parte, le affermazioni entusiaste per la sentenza che viene salutata come un grande evento di civiltà. Ho sentito anche più di una affermazione che confermava il proprio entusiasmo perché si era superato l’oscurantismo di culture reazionarie che legano – legavano – l’adozione a coppie o, addirittura, a coppie sposate.
Laura Boldrini e Alessandro Zan fanno notare che la sentenza “mette al primo posto i diritti dei minori e la libertà di autodeterminazione di ogni individuo”. Dunque, torna il fascino indiscreto, molto indiscreto, della libertà. Si è ottenuta questa sentenza perché si è liberi e viceversa.
Dall’altra parte Salvini, il solito ineffabile Salvini, che ha da dire qualcosa su tutto, ha detto qualcosa anche su questo. E ha riaffermato la convinzione sua e del suo partito che sia preferibile la coppia eterosessuale come affidataria di un minore e quindi anche di un minore straniero.
Di fronte a questa spaccatura si elabora faticosamente la mia difficile convinzione personale. Mi sembra, ho la sensazione, di essere d’accordo con Salvini, con cui condivido poco: condivido solo questo e poco altro. Dall’altra parte, ho la sensazione di non essere d’accordo con Schlein, il PD, l’area di centrosinistra con cui, nel mio piccolo, condivido diverse linee di politica nazionale e anche internazionale. Dunque, sono d’accordo con chi dovrei essere in disaccordo e sono in disaccordo con chi dovrei essere in accordo. Robe da mal di pancia.
Mi diventa inevitabile la domanda, sul perché di questa situazione e se sono proprio solo a pensarla così. Intanto, per cominciare, sono convinto di non essere solo. Ma resta comunque intatto l’altro capo della domanda sul perché sono portato a pensarla così. Chi me lo fa fare, insomma, visto che la grande maggioranza va in tutt’altra direzione. E devo riconoscere che a farmi pensare così è, alla fine, la mia situazione di credente.
Mi hanno fatto la testa così sul valore sublime del rapporto uomo-donna, sul vincolo impegnativo del legame matrimoniale e i figli che arricchiscono quel rapporto. Eccetera eccetera. Io, indottrinato così, mi trovo di fronte a un mondo molto diverso, dove l’amore detta tutte le leggi e non ne subisce nessuna, tanto che non serve il matrimonio, non serve la diversità sessuale, non serve la coppia, alla fine basta perfino il single al quale si chiede soltanto che ami il bambino che adotta. Che è, in fondo, la cosa più ovvia. Non solo, ma questa diversità tra quello che penso io e quello che pensano quasi tutti gli altri viene confermata da una solenne, impegnativa sentenza giudiziaria. La quale stabilisce che sono io a pensar male e che sono “gli altri” e pensar bene. Alla fine, dunque, mi ritrovo ai margini non solo perché penso male, ma perché il mio pensar male è sanzionato dalla legge.
Cerco di consolarmi, come sempre avviene quando ci si sente soli. Mi viene inevitabile riferirmi a quel tale che, tanti anni fa, finì su una croce, molto più solo di quanto non lo sia io. Da allora, quelli che gli vanno dietro non possono lamentarsi di essere trattati come lui. Il cristiano, infatti, è “paroikos”, uno “che abita come straniero o esule: residente, ospite, forestiero” (così recita il mio dizionario di greco del Nuovo Testamento). E’ affermazione che si trova nella lettera a Diogneto, documento di autore ignoto, risalente forse alla seconda metà del secondo secolo. (Franco Pizzolato ha più volte commentato magistralmente quel documento). Il cristiano, cioè, di fronte a una compagnia immotivata – con la cultura laica di cui non condivide i valori -, deve arrivare a preferire una solitudine motivata. Perché vissuta insieme con l’uomo del Golgota.
Intanto, annotazione finale e necessaria, anche se forestiero, straniero, di passaggio, il cristiano vive comunque nella città che lo ospita e prende atto, onestamente, da cittadino di quella città, delle leggi che la governano, alle quali chiede soltanto di non essere obbligato a fare le cose che non vuole. Questo solo chiede e questo gli basta.