COME BUTTARE IN VACCA LA VERA STORIA DELL’ORSO COCAINOMANE

Qualche anno fa un cargo si liberò di un imponente carico di cocaina nella acque della Guinea Bissau. La droga spiaggiò nei pressi di un villaggio rurale, dove i ragazzi – non conoscendo quella strana polvere bianca – ci fecero le righe di un campo da calcio, fino a che la Polizia se ne accorse dando un’occhiata agli avanzi e sequestrò tutto. Fine della storia.

Nel 1985 l’aereo di un narcotrafficante braccato da mandato internazionale, tale Andrew Thornton, scaricò la merce in volo sulla foresta di Chattahoochee, in Georgia, prima di gettarsi dal piccolo aereo con un paracadute che però non si aprì: il cadavere del fuorilegge venne trovato in un vialetto di Knoxville, nel Tennessee, con addosso 35 kg di cocaina e tantissime armi. Fine della storia.

Due mesi dopo i rangers scoprirono un altro cadavere, nella foresta Chattahooche: quello di un orso di 80 chili. Era stato ucciso da un’overdose di oltre 30 chili di coca, di cui aveva fatto man bassa squartando i contenitori rinvenuti nei pressi: erano quelli scaricati dall’aereo di Thornoton. Fine della… No, no, stavolta no!

Quale fine della storia? E’ diventata invece uno splendido soggetto per un kolossal. Menti cinematografiche assai evolute hanno buttato giù la sceneggiatura ed ecco che negli USA è uscito il film, “Cocaine bear” (“L’orso di cocaina”), che la ridanciana stampa americana ha subito ribattezzato “Escobear”, giocando sul più famoso narcotrafficante della storia, Pablo Escobar, e sulla parola “bear” (“orso”). Trasformando così la povera bestia da vittima a killer efferato.

Non è questa però la stortura che colpisce. Il genere della pellicola è definito “humor horror”, comicità raccapricciante. Non è dato sapere se lo scopo di rifilarci, anzi spacciarci un tale prodotto (in Italia uscirà ad aprile) sia educativo (“Guardate i danni che provoca la polvere bianca”) o semplicemente demenziale. Al contrario di quanto avviene nel film, l’orso non era diventato particolarmente aggressivo né aveva ammazzato nessuno. Il suo corpo venne imbalsamato e oggi si trova in un negozio di souvenir di Lexington, in Kentucky, dove gli è stato messo un cappellino. Lo sceneggiatore Jimmy Warden ha ammesso di aver tratto ispirazione solo lontanamente dalla storia vera di “Escobear” e che tutto il resto è sostanzialmente frutto della sua “fantasia contorta su ciò che vorrei accadesse veramente se un orso si facesse di tutta quella cocaina”.

La regista Elizabeth Banks – che è diventata famosa come attrice – ha detto di aver accettato di dirigere la pellicola perché voleva avere l’opportunità di raccontare il punto di vista dell’orso (!), nei confronti del quale prova “una forte empatia”. Concludendo: «È una vera merda che quell’orso sia stato trascinato in una storia di traffico di droga finita male e sia morto. E ho pensato che questo film potesse diventare la sua vendetta”.

E’ evidente come non si possa recensire qualcosa che ancora non si è vista. Interrogarsi su cosa abbia ispirato produttore, regista, sceneggiatore, invece, appare lecito. Come dicevamo poco sopra, degli scopi sociali ed educativi (non sempre terapeutici) sugli effetti della cocaina la letteratura e il cinema sono pieni zeppi. Così come di storie vere o forzate legate a trafficanti, spacciatori, consumatori. Della “Pulp fiction” di un pover orso, francamente, in nessun modo avvertivo il bisogno. Non so voi.

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